martedì 27 gennaio 2009

Il 7 volte Presidente del Consiglio, 21 volte Ministro


Andreotti da giovane (impensabilmente lo è stato anche lui)

Giulio Andreotti il 14 Gennaio 2009 ha compiuto 90 anni, 60 dei quali li ha passati in Parlamento (ci è entrato quando fu istituito nel 1948) senza contare altri 2 anni trascorsi all'Assemblea Costituente (eh sì, Andreotti è anche un Padre Costituente).

Il giorno del suo compleanno al Senato si è tenuta la "Procedura: Discorso di circostanza sul 90° compleanno del senatore a vita Giulio Andreotti" ossia in parole povere la sua ennesima beatificazione.
Gli elogi per la sua carriera politica e per la sua persona sono stati trasversali e nessun gruppo parlamentare è venuto meno all'incensazione collettiva.
Tutti i gruppi hanno anche fatto riferimento alle sue vicende processuali ma solo per ricordare come ne sia uscito, secondo loro, a testa alta con coraggio e dignità.
Queste le parti più significative degli interventi:

Gianpiero D'Alia - Presidente del Gruppo UDC-Svp-Autonomie:
(Questi sono gli eredi della DC e il gruppo di cui Andreotti fa parte quindi credo che gli possiamo perdonare l'estremismo)
"Nel corso degli innumerevoli incarichi ricoperti ha sempre mantenuto altissimo il suo senso dello Stato: non ha mai dato peso, forte della verità, alle critiche ed alle accuse che gli sono piovute addosso in tanti anni di Governo. È un uomo dello Stato e, come tale, si è sempre comportato, dimostrando fiducia nelle istituzioni, anche quando le stesse sono apparse ingiuste e ingenerose nei suoi confronti.[...]Mai Andreotti - è bene ricordarlo - ha cercato scappatoie e sotterfugi per evitare il giudizio della magistratura, alla quale ha sempre dimostrato rispetto e fiducia, anche quando sembrava non meritarlo, ed è stato ricambiato - seppur dopo molto, troppo tempo - con il riconoscimento della verità dei fatti.[...] ma per tutti noi Giulio Andreotti è soprattutto un padre della democrazia, un patrimonio che il resto del mondo ci invidia, uno scrigno che racchiude, con ordine e cura, un tesoro inestimabile, rappresentato da 60 anni di storia italiana".

Lorenzo Bodega - vicepresidente del Gruppo Lega Nord Padania (è proprio il nome ufficiale):
"Uomo di Governo come nessun altro, ha avuto luci ed ombre, specie nell'ultima parte della sua vita politica, nella quale ha dovuto subire un processo con accuse pesanti, da cui è uscito e di cui ci restano il coraggio e la dignità con le quali ha affrontato il tutto.[...]
Lunga vita al senatore Andreotti e l'augurio che possa continuare nell'esercizio di quella disciplina politica che è stata la passione e la ragione della sua vita"

Mariapia Garavaglia - Membro del Gruppo Partito Democratico:
"Dire che Giulio Andreotti sia un testimone del tempo è davvero insufficiente e anche inutile. Andreotti è un "presente" del e nel tempo; nella sua vita non ha osservato come va il mondo in diversi momenti storici e politici, ma ha partecipato con sorprendente assiduità alle scelte che hanno determinato gli eventi; ha contribuito ad affrontare problemi nazionali con lo sforzo costante di superare le difficoltà e spesso anche le insufficienze di una società italiana non sempre pronta.[...]È una dimensione imprescindibile, essenziale nella sua vita, la testimonianza di fede cristiana vissuta quotidianamente e che, senza dubbio, ha sorretto la sua forza interiore quando ha dovuto affrontare le tremende vicende che l'hanno colpito negli ultimi anni".

Poi c'è stato l'intervento, abbastanza misurato per i suoi standard abituali, di Maurizio Gasparri, il quale è addirittura capogruppo dei senatori del Partito delle Libertà:
"Voglio ancora sottolineare la compostezza con cui ha affrontato le prove più difficili, i lunghi anni di giudizio. Si è recato nei tribunali, ha affrontato la giustizia, ha atteso con pazienza e forse troppo a lungo - lasciatemelo dire - che i giudizi dessero ragione alla sua perseveranza.[...]Pertanto, come concittadino, come abitante dello stesso quartiere e frequentatore della stessa parrocchia, come compagno di scuola ma, ovviamente, soprattutto, come Presidente del Gruppo che ho l'onore di presiedere, le rivolgo ancora una volta tanti auguri, presidente Andreotti".(frequentatore della stessa parrocchia?)

Carlo Giovanardi - sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri:
"Tutti noi invece sappiamo una cosa importante e significativa, ossia che quando Giulio Andreotti si alza in piedi, quando parla, l'Assemblea lo ascolta in religioso silenzio, perché tutti sappiamo che quando interviene abbiamo sempre qualcosa da imparare dalla sua esperienza e dalla sua limpida storia democratica".


Limpida storia democratica?
Tralasciando i rapporti con la P2, Gelli e Sindona, molto compromettenti ma per i quali, a quanto mi risulta, Andreotti non ha mai subito procedimenti penali, soffermiamoci invece sui suoi rapporti provati con Cosa nostra.
Saprete sicuramente tutti che Andreotti è stato ritenuto colpevole di associazione a delinquere (art.416 del Codice Penale) fino alla primavera del 1980, "reato prescritto essendo decorso dalla primavera del 1980 un termine superiore ai necessari 22 anni e 6 mesi"(dalla sentenza della Corte d'Appello).
Per il periodo post-1980 invece è stato assolto, ma non con formula piena, bensì ai sensi del comma 2 dell'art. 530 del Codice Penale, ossia per insufficienza di prove.
Il reato contestato ad Andreotti è stato l'associazione a delinquere semplice e non di stampo mafioso, semplicemente perchè questo reato (art.416 bis del Codice Penale) fu introdotto solo nel 1982, dopo l'omicidio Dalla Chiesa .


1- Piersanti Mattarella 2- Stefano Bontate 3- Francesco Marino Mannoia 4- Tommaso Buscetta

Per comprendere la gravità dei comportamenti di cui Andreotti si è reso protagonista è sintomatica e rivelatrice la circostanza relativa all'omicidio di Piersanti Mattarella (foto), presidente democristiano della Regione Sicilia.

Primo incontro (riferito dal pentito Francesco Marino Mannoia(foto), autista e guardaspalle di Stefano Bontate).

Siamo nella primavera del 1979 quando Andreotti da Presidente del Consiglio e sottolineo, da Presidente del Consiglio, scende a Catania per incontrare Stefano Bontate, il "Principe di Villagrazia" (foto), nel periodo 1970-74 capo della Commissione (il governo di Cosa nostra) insieme a Gaetano Badalamenti e Luciano Liggio nel cosiddetto "Triumvirato" e nel 1979 uno dei suoi esponenti di punta.
L'incontro fu chiesto da Andreotti a Bontate dopo essere stato informato dai suoi amici siciliani legati alla mafia ( l'on. Salvo Lima, i cugini Salvo, l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino) che Piersanti Mattarella, presidente democristiano della Regione Sicilia vicino alla corrente Moro, era nel mirino di Cosa nostra per il suo tentativo di riportare in un contesto di legalità l'attività della Regione e di fare pulizia nel mondo degli appalti rendendo più trasparenti le procedure per la loro assegnazione ; aveva rimosso inoltre il proprio assessore regionale ai lavori pubblici Rosario Cardillo (Partito Repubblicano) in seguito alla scoperta di un sistema illecito di controllo degli appalti pubblici da questi coordinato.
"Andreotti frena l'impeto dei mafiosi, prende tempo, li rassicura additando una soluzione politica, ne elude, almeno nell'immediato, ogni iniziativa cruenta, tanto che il Bontate rimane in attesa e confida al Marino Mannoia: <Staremo a vedere>"(dalla sentenza di appello).
Torna a Roma e praticamente non fa niente, non denuncia i mafiosi, non avverte Mattarella del pericolo e non raggiunge nemmeno alcun risultato nella via politica che aveva indicato per risolvere la questione.

Omicidio Mattarella.

Il 6 Gennaio 1980, a Palermo Piersanti Mattarella esce di casa con la moglie e i figli ma senza la scorta a cui ha deciso di rinunciare nei giorni festivi, sale sulla sua Fiat 132, quando
, attraverso il finestrino un killer gli spara 3 colpi di pistola con una calibro 38.
Tommaso Buscetta(foto) testimonierà che la decisione di compiere questo omicidio fu presa dalla Commissione,
come gli riferì Stefano Bontate (Buscetta non ha mai fatto parte della Commissione).

Questa è l'unica immagine che ho trovato dell' omicidio.

Secondo incontro(riferito dal pentito Francesco Marino Mannoia).
Nella primavera del 1980 Andreotti torna in Sicilia per chiedere spiegazioni, per chiedere conto dell'omicidio ai mafiosi e incontra Stefano Bontate in una villa fuori Palermo.
Bontate reagisce sprezzante: "
A Palermo comandiamo noi e se non vi sta bene allora andatevi a prendere i voti al Nord" e lo minaccia: "Niente interventi o leggi speciali contro la mafia, altrimenti ci saranno altri fatti gravissimi".
Andreotti torna a Roma, potrebbe denunciare direttamente o indirettamente (tramite i servizi segreti) gli assassini del suo compagno di partito ma nuovamente non fa niente.

E' in questo momento che si colloca la rottura tra Andreotti e Cosa nostra, rottura che divide il periodo fino al 1980, per il quale Andreotti è stato ritenuto colpevole (ma prescritto), dal periodo post 1980 per il quale invece è stato assolto per insufficienza di prove (è per esempio provato l'incontro del 1985 col boss di Mazara del Vallo Andrea Manciaracina, vicino ai corleonesi).
Andreotti allenta i rapporti con i mafiosi "senza ricorrere a bruschi e pericolosi strappi, ma attraverso comportamenti concludenti, che gradualmente avrebbero indotto nei mafiosi la consapevolezza del venir meno della sua, ormai datata, disponibilità" (dalla sentenza di appello).

Intanto scoppiò la Seconda guerra di mafia che vide contrapporsi la mafia Palermitana e Catanese dei clan Inzerillo-Bontate-Buscetta-Calderone-Badalamenti ai Corleonesi di Riina-Provenzano-Bagarella, con quest'ultimi trionfanti dopo la cosiddetta Mattanza (più di 1000 morti ammazzati in tre anni) e al comando della Commisione (Riina 1982-1993).
Il 23 Aprile 1981 a essere ucciso e uscire di scena è Stefano Bontate, crivellato dai colpi di kalashnikov e di lupara sparati a Palermo dai killer Pino Greco e Giuseppe Lucchese, fedelissimi di Totò Riina.

La fine di Stefano Bontate (1981).



Chiuderei lasciando l'ultima parola al nostro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che di processi, prescrizioni e incontri con i mafiosi (se li teneva anche in casa) ha una discreta esperienza e presenta indubbiamente i titoli adeguati per aspirare ad essere il degno successore di Andreotti come referente politico di Cosa nostra (il suo braccio destro e tra i fondatori di Forza Italia, il sen. Marcello Dell'Utri è stato condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa).

Intervista rilasciata da Berlusconi al giornale inglese "The Spectator" nel settembre 2003 (la sentenza della Corte d'Appello è del maggio 2003):

Domanda: Andreotti, sette volte primo ministro, non era un mafioso?
Berlusconi: "Ma no, ma no. Andreotti è troppo intelligente. E' troppo intelligente. Guardate, Andreotti non è mio amico. Lui è di sinistra. Hanno creato questa menzogna per dimostrare che la Democrazia Cristiana, che è stata per cinquant'anni il partito più importante della nostra storia non era un partito etico, ma un partito vicino alla criminalità. Ma non è vero. E' una follia! Questi giudici sono doppiamente matti! Per prima cosa, perché lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro, devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana"

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