domenica 29 marzo 2009

La cornamusa che non diceva di no




THE BAGPIPE WHO DIDN'T SAY NO

It was nine o'clock at midnight at a quarter after three
When a turtle met a bagpipe on the shoreside by the sea,
And the turtle said, "My dearie,
May I sit with you? I'm weary."
And the bagpipe didn't say no.

Said the turtle to the bagpipe, "I have walked this lonely shore,
I have talked to waves and pebbles--but I've never loved before.
Will you marry me today, dear?
Is it 'No' you're going to say dear?"
But the bagpipe didn't say no.

Said the turtle to his darling, "Please excuse me if I stare,
But you have the plaidest skin, dear,
And you have the strangest hair.
If I begged you pretty please, love,
Could I give you just one squeeze, love?"
And the bagpipe didn't say no.

Said the turtle to the bagpipe, "Ah, you love me. Then confess!
Let me whisper in your dainty ear and hold you to my chest."
And he cuddled her and teased her
And so lovingly he squeezed her.
And the bagpipe said, "Aaooga."

Said the turtle to the bagpipe, "Did you honk or bray or neigh?
For 'Aaooga' when your kissed is such a heartless thing to say.
Is it that I have offended?
Is it that our love is ended?"
And the bagpipe didn't say no.

Said the turtle to the bagpipe, "Shall i leave you, darling wife?
Shall i waddle off to Woedom? Shall i crawl out of your life?
Shall I move, depart and go, dear--
Oh, I beg you tell me 'No' dear!"
But the bagpipe didn't say no.

So the turtle crept off crying and he ne'er came back no more,
And he left the bagpipe lying on that smooth and sandy shore.
And some night when tide is low there,
Just walk up and say, "Hello, there,"
And politely ask the bagpipe if this story's really so.
I assure you, darling children, the bagpipe won't say "No."



Shel Silverstein

Rosalia, rosolio, rosario e l'enigma delle rose.

Giulietta : “Ma poi, che cos’è un nome? … Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d’avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome?”

Da Anacreonte apprendiamo che le rose nacquero bianche, dalla schiuma del mare che generò Afrodite. Fu la stessa dea che pungendosi con le spine di un rosaio mentre correva in tutta fretta dall’amato Adone, ferito da un cinghiale, tinse, col suo sangue, i fiori di rosso.
In realtà il cinghiale non era un cinghiale, ma era Marte travestito da cinghiale, ovvero l’ex-amante, divinamente geloso fino al midollo della dea.
Ad ogni modo, Adone spirò tra le braccia di Afrodite, e dal suo sangue colato a terra nacquero gli anemoni.
Dato però che il nostro blog non si chiama “E così dimenticammo gli anemoni”, non mi curerò di Adone e del setoloso rivale per passare invece alle rose.

Sangue sudore e lacrime – secrezioni simboliche.
La storia del sangue afrodisiaco colpisce a fondo immaginazione ed olfatto, ed è quasi persuasiva nello spiegare la pienezza dell’essenza pungente e primitiva che sprigiona dal fiore.
Ma perché proprio il sangue?
Ciò probabilmente ha a che fare col valore simbolico che il liquido normalmente assume, il quale si riverbera sulla portata di ogni sua libagione (a parte quella gustosa rappresentata dal migliaccio) per trasmettersi poi alle rose.
Poiché il sangue normalmente non scorre a fiumi - o meglio lo fa di continuo ma nascosto, invisibile – quando viene versato esso si carica di un significato forte, intimo, vitale e spesso sofferente.
Anche Dante se la fa quasi addosso quando vede uscire il bruno e denso liquido da un cespuglio che parla (Pier della Vigna): “sì de la scheggia rotta usciva insieme\ parole e sangue; ond’io lasciai la cimar\ cadere, e stetti come l’uom che teme”.
La stessa cosa pare accadere per un altro fluido, le lacrime (gli esempi si sprecano e non li riporto).
E’ forse per questo che sangue e lacrime sono spesso associati in un unico drammatico concetto (vedi le numerose strazianti statuine di madonne piangenti)?
Winston Churchill lo capì, e quando si trattò di affrontare davanti e con la nazione inglese il peso della seconda guerra mondiale, aggiunse addirittura un altro distillato al cocktail delle secrezioni simboliche, il sudore:

Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi la più terribile delle ordalìe. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e sofferenza.”

Ma questo cosa c’entra con le rose?

Maometto
Se da una parte Gesù sudò sangue nell’orto dei Getsemani senza a quanto pare lasciar cadere a terra alcuna goccia né tantomeno produrre alcuna fioritura, dall’altra invece la leggenda maomettana fa nascere la rosa proprio dal sudore del profeta.
Nell'odorare una rosa, mischiata alla sua fragranza, c'è nuovamente associata una qualche libagione di liquidi corporei (sia esso il sangue di afrodite o le scelle di maometto), a spiegarcene l'origine e a fondersi nell' unica sensazione del suo profumo in maniera indissolubile e simbolica. E non vale solo per le rose.

Giacinto
Un altro esempio interessante è quello di Giacinto. Le Metamorfosi di Ovidio ci raccontano che Giacinto era l’amante di Apollo, il quale si era talmente innamorato del giovane che, dimentico di sé,

gli è sempre appresso,
e danno intrambidui nel nobil sito
di Sparta a gli animai la caccia spesso:
del suo bel lume il mio padre invaghito
si scorda totalmente di se stesso
".

(Giovanni Andrea dell’Anguillara, Le Metamorfosi di Ovidio, Venezia 1563 (I ed. 1561), X, ff. 177-178)

Un giorno i due ingaggiano una gara di lancio del disco quando purtroppo, come ci informa Euripide

"veleggiò nell'aria e nel sangue
il disco del dio
"

(Euripide, Elena)

Colpendo e ferendo a morte il venusto giovane.

Il qual fu ’l più bel fior morendo, langue,
dipinto il suo cor di morte, e sangue.

(Anguillara, ibid.)

In realtà, di nuovo, il disco era stato deviato dal vento di Zefiro, dio geloso di Apollo (ancora una volta siamo di fronte ad una storia di gelosia).
Dal sangue di Giacinto nacque l’omonimo fiore purpureo.

E’ interessante notare come il sangue di un dio produca così sovente la nascita di fiori...
Come si spiega?

(Pieter Paul Rubens, La morte di Giacinto)

Silesius
Si spiega col fatto che altrimenti non c’è spiegazione per la nascita di una rosa.
Una rosa nasce, e il fatto che essa nasca è un miracolo, nonostante vi appelliate a tutte le leggi della biologia che conoscete.
Questo almeno è ciò che ci dice Heiddeger, rifacendosi al "meraviglioso distico" del mistico Johannes Silesius, alias Johannes Scheffler (poi ripreso da Paul Celan), in cui quest'ultimo si chiede proprio: “Perché fiorisce una rosa?”


( René Magritte, "Le tombeau des lutteurs")

Die Ros ist ohn warum; sie blühet, weil sie blühet,
Sie acht nicht ihrer selbst, fragt nicht, ob man sie siehet.

"La rosa è senza perché; fiorisce poiché fiorisce,
non chiede conto di se stessa, non chiede se viene vista"

Non c’è spiegazione al fatto che una rosa nasca se non la nascita della rosa stessa. La botanica vi può spiegare come nasce una rosa, la succesione seme-fiore, quali leggi governino il suo dischiudersi, ma alla fine non il minuscolo ma gigante perché di quello sbocciare.

Per capire meglio un tale argomento, la domanda sulla rosa va assimilata ad una altra vecchia questione, la cosiddetta “domanda fondamentale” (Grundfrage) heiddegeriana, che il filosofo aveva ripreso da Leibniz:

- Pourquoi il y a plutôt quelque chose que rien?

Perché c’è qualcosa invece che niente? Perché il qualcosa invece del nulla?
Il nulla in effetti, secondo il principio di economia, sarebbe la soluzione più semplice e pratica, da preferirsi allo stesso mondo: “Le rien est plus simple et plus facile que quelque chose”. E il mondo invece c’è, e il suo mistero, ma anche lo stupore di fronte a quel qualcosa che è lì (che vi fiorisce davanti agli occhi) ma che potrebbe anche non esistere, è tutt’uno col mistero della fioritura.
Per riassumere il tutto basta l'unica breve interrogazione metafisica, chiaramente universale e assoluta come tutte le interrogazioni metafisiche: "Perché?".
Ce lo riassume il magniloquente e buffonesco capitano Lebjadkin nei Demoni di Dostoevskij:

Aspettate la risposta al “perché?” ? Questa piccola parolina “perché” è sparsa in tutto l’universo dal primo giorno della creazione, signora, e tutta la natura grida continuamente al suo Creatore “perché?”, e sono settemila anni che non riceve risposta

Scoprite il perché del fiore e avrete trovato il senso delle cose. Quali? Tutte.

Per gli storici

Nella mitologia romana la mitica della rosa si mantiene uguale a quella greca. Il fiore entra tuttavia a far parte di innumerevoli pratiche sociali: 1) nell’epoca imperiale lo schiavo affrancato veniva coperto di rose per sottolineare il passaggio alla nuova vita di uomo libero; 2) a Roma si svolgevano poi apposite feste solenni chiamate Rosali, durante le quali le tombe degli antenati e gli altari dei templi venivano decorati di rose. (Deriverà da qui il nome Rosalia, letteralmente “corona di rose”?) 3) Finché la rosa divenne una vera mania: Orazio (Odi) testimonia come era usanza cingersi di rose la testa, il collo e il petto durante i banchetti e coprire di rose i letti sui quali si facevano i conviti. Di rose venivano cinte le statue, e durante i giochi pubblici tutte le vie di Roma erano coperte di petali.

Non è difficile dunque immaginarsi il perché del rifiuto della rosa da parte dei primi cristiani. Essi videro nel fiore proprio il simbolo del paganesimo e della lussuria, e conseguentemente la condannarono e ne vietarono l’uso, salvo poi, come per la festa pagana del Sol Invictus [che cadeva il 25 dicembre ed era stata importata nel 218 a Roma dalla Siria dall’imperatore Eliogabalo] appropriarsene, volgendola a proprio uso (= Natale).
La madonna venne chiamata “rosa mystica” e Leone IX, papa dal 1084, istituì la cerimonia della rosa d’oro, data in dono, come segno di benevolenza, a un sovrano meritevole.
(Il particolare della rosa mystica può forse essere una chiave di lettura per il quadro di Dalì "Rosa meditativa" del 1958?)



Nel medioevo furono comunque i monasteri a dare rifugio alle rose, mistiche e non, conservando, come con gli incunaboli, varietà che altrimenti sarebbero andate perdute.
Si pensi poi all’introduzione dei “Rosario” nel periodo della Controriforma (e del “Rosolio”, sul quale non riesco a trovare la data della prima distillazione, ma sicuramente deriverà da sudore di qualche santo.)
Poi c’è la curiosa storia di Santa Rosalia, il cui nome abbiamo visto significare “corona di rose” e che, secondo la tradizione cattolica, nel 1624 salvò Palermo dalla peste e ne divenne la patrona, sbaragliando, caso interessante, una ricca concorrenza; furono spodestate: santa Cristina, santa Oliva, santa Ninfa e sant'Agata.

Per tutto l’Ottocento il primato delle rose appartenne alla Francia, e molto per merito di Giuseppina Bonaparte (prima moglie di Napoleone) che iniziò la sua collezione alla Mailmaison nel 1804 col progetto di raccogliere ogni tipo di rosa conosciuta. Quando morì nel 1814 il roseto constava di almeno 250 specie e varietà diverse (quasi tute quelle disponibili allora).

Oggi sono decine di migliaia le varietà di rose note e ogni anno se ne aggiungono di nuove, nate da studiate ibridazioni, a quelle che gli storici definiscono "antiche" (quelle cioè create dal Rinascimento all’età Romantica, 1500-1800).
Dal 1 maggio al 15 giugno, nel Giardino delle Rose (sotto il piazzale Michelangelo), realizzato nel 1865 sulla scia di esempi francesi dall’architetto Giuseppe Poggi, potrete passeggiare godendo del profumo di circa 1000 tipologie botaniche.

Il vaso

Nell’odorare una rosa la storia del sangue afrodisiaco si può dunque mischiare d’ora in poi al suo profumo, e il tutto convogliare mistificandolo nel titolo del nostro blog.
Io penso comunque a un rituale da Tiaso, in cui invece di alzare il pane e dire “il corpo di cristo” si alza una rosa dicendo: “il sangue di Afrodite”, e poi la si odora, e se ne gode il profumo.
Propongo pertanto per il prossimo incontro del gruppo di riempire il vaso di petali (o di sangue, a vostra scelta).

venerdì 27 marzo 2009

E di fatto lo è.

Io ho sempre amato i dialoghi, (non a caso tra le mie opere giovanili si annovera un "Dialogo tra due uomini del Novecento") quei dialoghi dall'impostazione teatrale con battute concise, rapide e linguisticamente semplici ma perfette, che sembrano non parlare dei massimi sistemi e invece lo fanno; per capirsi la massima espressione di questa tipologia la reputo "Aspettando Godot" di Beckett.

Proclamo quindi l'inaugurazione del "Ciclo dei dialoghi"
a cui ognuno di voi può dare il proprio contributo.





Sbobinatura fatta in casa da me medesimo:

Personaggi:
C:
Anton Chigurh (di cui avevamo già parlato in merito alla sua acconciatura)
A: Amico



C: Quant'è?
A: 69 centesimi
C: E la benzina?
A: Ha trovato tanta pioggia sulla strada?
C: Quale sarebbe la strada?
A: Beh ho visto che viene da Dallas
C: E a te che cosa importa da dove vengo, Amico?
A: Io non volevo offenderla
C: Non volevi offendermi
A: Era solo per ingannare il tempo
Se non vuole accettare le mie scuse non so che altro dirle signore
C: (respiro)
A:
C'è qualcos'altro?
C: Non lo so, c'è altro?
A: (schiarisce la voce) C'è qualcosa che non va?
C: In che senso?
A: Così, in generale
C: E' questo che mi stai chiedendo, se c'è qualcosa che non va in generale
A: C'è qualcos'altro signore?
C: Me l'hai già chiesto
A: Ahh... beh adesso dovrei cominciare a chiudere
C: Mmm... cominciare a chiudere
A: Sissignore
C: A che ora chiudete?
A: Adesso chiudiamo adesso
C: Adesso non è un'ora, a che ora chiudete?
A: Quando fa buio, dopo il tramonto
C: (sospira) Non sai di che cosa stai parlando vero?
A: Prego?
C: Ho detto che non sai di che cosa stai parlando
A che ora te ne vai a letto?
A: Scusi?
C: Sei un pò sordo per caso? Ho detto a che ora te ne vai a letto?
A: Ahh...Ahh... verso le nove e mezza, sì, direi più o meno alle nove e mezza
C: Potrei tornare a quell'ora
A: Perchè dovrebbe tornare? Troverebbe chiuso
C: L'hai già detto
A: Beh adesso devo chiudere
C: Tu abiti nella casa qui dietro vero?
A: Sì abito lì
C: Ci abiti da quando sei nato?
A: Era la casa del padre di mia moglie, in origine
C: (problemi di deglutizione) Sposandoti l'hai presa tu?
A: Abbiamo vissuto a Temple in Texas per molti anni, abbiamo messo su famiglia lì, a Temple
poi siamo venuti qui più o meno quattro anni fa
C: Sposandoti l'hai presa tu
A: Se vuole metterla in questo modo
C: Non è un mio modo di metterla, è così e basta
(accartoccia la confezione, la butta sul banco)
Qual è la cosa più grossa che ha perso a testa o croce?
A: Scusi?
C: La cosa più grossa che hai perso a testa o croce
A: Ah... non lo so non saprei dire
C: (tira la moneta e la sbatte sul banco) Scegli
A: Scelgo
C:
A: Per cosa?
C: Scegli e basta
A: Ah... beh dovrei almeno sapere che cosa c'è in ballo
C: Devi scegliere tu non posso scegliere io per te, non sarebbe onesto
A: Ma non mi sono giocato niente
C: Sì invece, te lo stai giocando da quando sei nato, solo che non lo sapevi
Sai che data c'è su questa moneta?
A: Noo
C: 1958 ha viaggiato ventidue anni prima di arrivare qui e adesso è qui, ed è o testa o croce
e
devi dirlo tu, scegli
A: Senta devo sapere che cosa posso vincere
C: Tutto
A: Come scusi?
C: Puoi vincere tutto, scegli
A: Ah... va bene. Testa allora
C: Ben fatto
(passa la moneta all'Amico) Non la mettere in tasca Amico, non la mettere in tasca è il tuo
portafortuna
A: E dove vuole che la metta?
C: Dove ti pare ma non in tasca, si mescolerebbe con le altre e diventerebbe una moneta
qualunque.
E di fatto lo è.

domenica 22 marzo 2009

La galleria dei leader. Dieci idealtipi di immagini performative di successo. [Prima parte]



Tratto dal testo di Mauro Barisione, professore di Analisi dell' opinione pubblica all' Università Statale di Milano, "L'immagine del leader" (pag. 113-118) uscito nel 2006.
Qui un'articolo di "Repubblica" (edizione di Bologna) che ne parla.



La politica, dice Barisione, è divenuta sostanzialmente videopolitica (definizione di G.Sartori), e poichè la televisione nel nostro mondo ipercomplesso e saturo di informazione, filtra solo ciò che può essere visualizzato (le immagini), in ambito politico non si hanno più i programmi, le idee o i progetti ma solo i leader.
La conoscenza del leader non può che fondarsi dunque sull'immagine televisiva percepita dal telespettatore-elettore, costruita artificialmente dai professionisti della comunicazione elettorale e del marketing politico e di cui la sfera performativa è la componente più influente (rispetto a quella personale e a quella politica).

Immagine performativa:
è composta dagli attributi politico-personali di un leader, ossia da quegli attributi che sono personali ma hanno rilevanza politica in quanto considerati dagli elettori qualità necessarie per un leader che voglia definirsi tale e indizi per valutare se egli abbia la capacità di realizzare una buona performance di governo qualora investito di una carica.
Tra queste si annoverano la credibilità, la competenza, l'affidabilità, la forza, l'onestà, la determinazione, la sincerità, la convinzione, la serietà...


In questa puntata:
1- IL CRESO
2- IL VINCENTE
3- IL NORMALE
4- IL MANAGER
5- L'OUTSIDER


1
- IL CRESO(ricco per antonomasia)
Quando l'immagine personale del candidato "ricco come un Creso" si trasfigura nell'immagine performativa del "Re Mida", che trasforma in oro ciò che tocca. O, almeno, quando tale è l'aspettativa che il pubblico ripone in lui, e che questi ha alimentato ad arte. E' il candidato leader multimilionario, di una ricchezza prodotta in sfere extrapolitiche. E' una variante, una specificazione dell'outsider. E' l'outsider dotato del cavallo di battaglia più strumentale: la produzione di ricchezza per mezzo di ricchezza, e per mezzo di rinomate capacità a produrne. Eppure, egli non fa appello solo all'elettore stratega, homo oeconomicus, modello rational choice, calcolo costi-benefici. Il Creso è evocativo, ha una visione (un paese più ricco, più prospero), fa sognare. Il consenso che suscita è strumentale ed espressivo al contempo.
2- IL VINCENTE
Il candidato tanto più votato quanto più pronosticato vincente. Come il cavallo su cui si punta perchè dato per vincitore, così nella horse race della competizione elettorale. Una ricca sequela di teorie concorrono a spiegare il fenomeno: dall'effetto bandwagon (saltare sul carro del vincitore) e la transumanza verso il futuro capo; alla "definizione della situazione" come reale e reale nelle conseguenze; alla self-fullfilling prophecy, o "profezia che si autoadempie"; alla legittimazione conferita dalla viability (o eleggibilità); alla triade "clima d'opinione-paura dell'isolamento-spirale del silenzio" [...]. La morale è sempre che l'immagine del Vincente aiuti a vincere, nonostante il non raro controesempio dell'underdog, l'inseguitore, che scavalca il frontrunner, il candidato in testa. Ma, in generale, chi conquista l'etichetta pubblica di futuro presidente vive di rendita di questa stessa immagine per tutta la campagna, hasta la victoria (fino alla vittoria), forse.
3- IL NORMALE
Immagine performativa più vicina alla sfera dei posizionamenti politici, quella del Normale resta tuttavia del tutto a-programmatica. La Norma - o medietas culturale traducibile nell'adesione al Senso Comune, all'Opinione Dominante - gli permette di posizionarsi agevolmente nello spazio politico. Persuaso che la Norma sia fissata una volta per tutte nell'ordine delle cose, egli rassicura così la famiglia elettorale dell'homo communis, inestimabile serbatoio di voti politicamente malleabili, pronti a riversarsi su ciò che sembri hic et nunc (qui ed ora) più, appunto, normale. Seguendo la ruota della storia e della geografia, si trova traccia del Normale nel leader politico che: in Sicilia, si accomoda con Cosa Nostra; in Afghanistan, codifica l'usanza del burqa; in Texas, autorizza le esecuzioni capitali; nella Cina comunista, fa smantellare i templi buddisti.
Un'immagine di sicura normalità caratterizzava altresì i leader occidentali disposti a bombardare città e popolazioni civili. Come il tipo opposto - l'Utopico - il Normale al potere è capace in verità delle azioni più estreme. Che in quel contesto sembrano però, appunto, normali, contrariamente a quelle dell'Utopico, che in quel contesto sembrano estreme. E fanno rifuggire l'elettore mediano (medio). Perciò, il Normale entra nella galleria degli idealtipi di successo, l'Utopico resta fuori.
4- IL MANAGER
Fra i tipi performativi, il manager suscita il consenso meno espressivo, più strumentale. Nei territori post-ideologici, quando i venti dell'anti-politica soffiano forti, il candidato dall'immagine manageriale è uno dei tipi dal rendimento più sicuro. Non tanto nel paese dove l'economia abbia tirato i remi in barca, terreno di caccia privilegiato del Creso. Piuttosto, nel paese dall'alto reddito medio pro capite, o nell'unità territoriale che più contribuisce al Pil. Laddove, insomma, l'elettorato esprime innanzitutto una domanda si efficienza, nella sostanziale continuità, o nel cambiamento non traumatico. [...]. Non trascina voti, non converte, non è indicato per scalzare l'incumbent (il candidato uscente) è però in grado di garantire una solida maggioranza al partito dominante.
5- L'OUTSIDER
Controcanto del Politico tradizionale e del Burocrate di partito, l'Outsider è il candidato che viene da un altro mondo. In quanto tale, apporta linguaggi nuovi, risorse fresche, competenze diverse. E voti supplementari. Passe-partout di frequente efficacia, egli può rivelarsi grimaldello di successo sia nei sistemi politici in crisi o in transizione difficile, sia in quelli troppo stabili, dove l'incumbent (il candidato uscente) pare il beneficiario di una carica a vita. La provenienza dell'Outsider è ininfluente: il cinema, i generi alimentari, l'oncologia. Uno solo è il requisito richiesto, oltre all'alterità rispetto all'universo politico: la popolarità. Non è detto che sarà un ottimo leader, nè per la verità un ottimo campaigner (chi partecipa a una campagna elettorale).
Ma l'Outsider dall'elevata popolarità che si mostri portato per la comunicazione di campagna sarà un candidato tra i più competitivi possibili. Spostando il focus della campagna elettorale sulla diversità della propria immagine performativa, potrà scombinare le tradizionali linee di appartenenza degli elettori e dare luogo a un'elezione deviante, dove chi vinceva sempre, stavolta perde. O perfino a un'elezione di riallineamento, dove chi perdeva sempre, a partire da stavolta, vince.


Nella prossima puntata:
6- IL CARISMATICO
7- IL POST-IDENTITARIO
8- IL LEADER FORTE
9- L'EVERYDAY MAN
10- IL GENUINO

giovedì 19 marzo 2009

Ratzinger contro i cappuccini


Il pontefice Benedetto XVI, in viaggio verso Yaoundè, capitale del Camerun - tappa iniziale del suo primo viaggio in Africa - ha dichiarato, riguardo al problema dell' AIDS: "non si può superare con la distribuzione dei preservativi che, anzi aumentano i problemi».

La Francia, e a seguire Germania e Spagna reagiscono con durezza alle parole di Benedetto XVI(Corriere, 19 marzo 2009), le quali imbarazzano anche alcuni ambienti cattolici, recentemente scossi dalla vicenda del vescovo negazionista Richard Williamson .


Internet e le camere a gas

Nel caso di Williamson, pare che il Papa si fosse dimenticato di leggere su Internet che il vescovo in questione - uno de "i quattro dell'ave maria", i.e. i quattro vescovi tradizionalisti scomunicati (Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Alfonso de Galarreta e Williamson stesso) perché illegittimamente ordinati dall'arcivescovo scismatico Marcel Lefebvre nel 1988 e "riabilitati" da Ratzinger nel Gennaio 2009 - negava non solo le camere a gas, ma l'intera Shoa.


La scomunica, datata 1° luglio 1988, è stata dunque revocata il 21 Gennaio 2009, e la frattura in seno alla Chiesa ricomposta. Il fatto è che immediatamente dopo il particolare "negazionista" e la relativa svista sono stati posti all'attenzione delle gerarchie ecclesiastiche, le quali hanno constatato che effettivamente, in rete, si potevano reperire affermazioni di Williamson fatte durante un intervista del 1 novembre 2008, quali: "Io credo che le camere a gas non siano mai esistite... penso che dai 200mila ai 300mila ebrei siano morti nei campi di concentramento, ma nessuno nelle camere a gas".

Ratzinger si è dunque scusato, con una lettera (10 Marzo 2009) in cui costernato prometteva: "Mi è stato detto che seguire con attenzione le notizie raggiungibili mediante l'Internet avrebbe dato la possibilità di venir tempestivamente a conoscenza del problema. Ne traggo la lezione che in futuro nella Santa Sede dovremo prestar più attenzione a quella fonte di notizie".

Ora, alla luce delle dichiarazioni sui preservativi, la quaestio disputanda che rimbalza dall'Africa (se ammettiamo che il papa abbia seguito la "lezione" sulle teleinformazioni appresa dal caso Williamson) si potrebbe formulare così: ma a quali siti internet ha accesso il papa? Non avrà mica tra i Preferiti solo il sito dell' Avvenire e quello di Famiglia Cristiana? Sarà il caso di aggiungere, non diciamo il sito di Arcigay, ma almeno Funize.it, come suggerisce Grattacapo?


La sindone contro le lenzuola

Tuttavia, astraendo\prescindendo dai fuochi fatui (in senso letterale) delle polemiche del giorno (si noti che l'Italia è l'unica nazione europea che non ha preso posizione sulle affermazioni papali, limitandosi al "no comment" di Frattini), per le quali rimandiamo all'interessante intervento di Schiavone da Augias qui, proponiamo, sulla scia del serpentone freudiano, qualche spunto all'interno della più generale e controverso rapporto chiesa\alcova:

1- Cateschismo creativo: nello stesso libro in cui si assiste ai prodigi della verga di Mosè, si ha anche l'enunciazione da parte di Dio (a Mosé e a tutto il popolo ebraico) dei 10 comandamenti, di cui il sesto recita: "non commettere adulterio" (Esodo 20,14).

Sulla
base di questo comandamento la chiesa vieta: poligamia, divorzio, convivenza, concubinato e rapporti extramatrimoniali.

Tralasciando il fatto che al tempo in cui furono promulgati i 10 comandamenti gli stessi ebrei erano poligami (da qui qualcuno sostiene che il divieto fosse squisitamente sociale, e cioè quello, per ciascuna, prima, seconda o terza moglie, di non rompere il "contratto" col marito: "ad-alterare" = "falsificare"), è interessante notare come nel catechismo il comandamento si trasformi, divenendo: "non commettere atti impuri".

Si precisa anche che ciò dev'essere inteso come divieto di "tutti i peccati contro la castità". Ma cosa motiva tale metamorfosi? Dice il catechismo: "benché nel testo biblico si legga altrimenti, la tradizione della Chiesa così considera". Bene.

(Per ogni precisazione sull'argomento si consiglia la visione del film Berlinguer ti voglio bene, un po' tutte le scene)



2 - Una volta introdotta comunque, la castità si specifica come quello che catechisticamente tutti conosciamo, ovvero, precisa il catechismo, come "la positiva integrazione della sessualità nella persona". Ciò, ci fa notare qualcuno, sarebbe come dire che "il digiuno è la positiva integrazione del cibo nello stomaco".


3 - Gesù legalizza le concubine? Nel famoso Discorso della Montagna, o delle Beatitudini, Gesù, dopo aver fatto il listone dei beati ("poveri in spirito", "afflitti", "miti", "affamati di sete e giustizia", "puri di cuore" etc. etc.), aggiunge:

- "Non crediate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti; non sono venuto ad abolire ma a completare" (Matteo 5, 17)

E come completa? Così: "Avete udito che fu detto: "non commettere Adulterio". Ma io vi dico che chiunque avrà guardato una donna, desiderandola, ha già commesso adulterio con lei. [...]"

e prosegue:

"Ma io vi dico che chiunque ripudia la sua donna, eccetto in caso di concubinato, la espone all'adulterio; e chi sposa la ripudiata, commette pure adulterio" (Matteo 5, 27 - 32)

Gesù ripete il comandamento anche in seguito: "Chi rimanda la propria donna, eccetto in caso di concubinato, e ne sposa un'altra, commette adulterio" (Matteo 19,9).

Si possono dunque avere delle concubine senza commettere adulterio? O le si possono ripudiare senza farlo?


4- Meglio sposarsi che ardere: Paolo di Tarso, primo a darci testimonianza di Gesù (senza peraltro, dichiaratamente, averlo mai visto, ed essendo per questo da alcuni considerato il vero fondatore del Cristianesimo e del suo spirito, come oggi lo conosciamo), ci parla del suo rapporto con l'alcova in un passo famoso della Lettera ai Corinzi:

"Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l'uomo non toccare donna; tuttavia, per il pericolo dell'incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito.
Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito[...]
Questo però vi dico per concessione, non per comando.
Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro.
Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io; ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere."


5 - Agostino è sulla stessa linea, anzi, forse anche un tantino più radicale e restrittivo rispetto alle concessioni paoline, sostiene infatti:

"Quanto a me, penso che le relazioni sessuali vadano radicalmente evitate. Penso che nulla avvilisca l'uomo quanto le carezze di una donna e i rapporti corporali che fanno parte del matrimonio" Soliloquia 1:10

L'importanza di tali assunti è fondamentale, perché è proprio Il Santo d'Ippona ad istituzionalizzare teologicamente la posizione cattolica in materia sessuale, cui molti anora oggi si rifanno, la quale fa del sesso l'atto stesso attraverso cui si trasmette il peccato originale:

"I bambini sono tenuti come rei dal diavolo, non in quanto nati dal bene, che costituisce la bontà del matrimonio, bensì perché nati dal male della concupiscenza, di cui il matrimonio sicuramente fa buon uso, ma di cui anche il matrimonio deve arrossire. [...] Quando si arriva all’atto della procreazione, quella stessa unione, lecita e onesta, non può essere compiuta senza l’ardore della passione … chiunque nasce da questa concupiscenza della carne in quanto figlia del peccato e, quando le si acconscente per cose disoneste, anche madre di molti peccati, è in debito del peccato originale"(cfr. Le nozze e la concupiscenza).

Ricordiamo che Agostino ebbe due concubine ed un figlio. L'esperienza con esseri di sesso opposto a quanto pare però non dev'essere stata entusiasmante per il santo, a giudicare almeno dalle posizioni su cui si attesterà quali:

"Io non vedo per quale aiuto la donna sia stata fatta per l'uomo, se si esclude il fine della procreazione. Perché tuttavia se si esclude questo scopo io non lo capisco: se la donna non è stata data come aiuto all'uomo per generare figli, per quale altro aiuto sarebbe stata data? Forse perché insieme dovessero lavorare la terra? Se per questo scopo fosse stato necessario un aiuto, allora l'uomo sarebbe stato un aiuto migliore per l'uomo. Lo stesso vale per la consolazione nella solitudine. Quanto è più gradito per la vita e la consolazione che due amici abitano insieme piuttosto che un uomo ed una donna abitino uno accanto all'altra" De Genesi ad litteram 9: 5

La considerazione richiama ancora una volta una scena del film Berlinguer ti voglio bene ("Pole la donna pareggiare coll' omo? Risposta: no.")
Insomma, se non ci fosse stata di mezzo la riproduzione, sarebbero stati sufficienti i soldatini (come dice il vecchio adagio) o le macchinine, ma le procedure di duplicazione dell'essere umano impongono la presenza del genere femminile, di cui Agostino avrebbe fatto volentieri a meno, e, secondo lui, anche Gesù avrebbe fatto lo stesso.
Egli si accalorerà infatti anche sulla questione dei possibili risvegli, anche inconsi, della libido di nostro signore, redarguendo Giuliano con le seguenti parole:


"La fede dei cristiani non si vergogna a dire che Cristo abbia avuto i genitali; sei tu piuttosto a doverti vergognare, anzi a dover provare timore quando dici che i genitali di Cristo contro la sua volontà (mai infatti avrebbe potuto volere ciò, Lui che scelse di vivere celibe) siano stati talvolta stimolati da tale libidine, e che quella parte del suo santo corpo sia andata in erezione a dispetto delle sue sante intenzioni, producendo degli effetti sconvenienti... Ma se non osi dire che i genitali di Cristo contro la sua volontà si siano eccitati ed eretti per il desiderio, perché, infelice, osi pensarlo?" (Contro Giuliano)

Dunque, i precedenti per non scandalizzarsi delle affermazioni di Benedetto XVI contro i cappuccini ci sono tutti.

6- Johannes Paulus. Anche perché il suo predecessore professava posizioni analoghe, riassunte nelle parole pronunciate Sabato 17 settembre 1983 davanti ai sacerdoti partecipanti di un seminario su La procreazione responsabile [ma da quando i sacerdoti procreano?]:

"In questa prospettiva, la contraccezione è da giudicare, oggettivamente, così profondamente illecita da non potere mai, per nessuna ragione, essere giustificata. Pensare o dire il contrario, equivale a ritenere che nella vita umana si possano dare situazioni nelle quali sia lecito non riconoscere Dio come Dio".


E ritorniamo così all'Africa. La vignetta sopra è d'autore, ed è apparsa ieri sul quotidiano francese Le Monde, disegnata da Jean Plantureux, nome d'arte Plantu, vignettista satirico. Raffigura Gesù Cristo che «moltiplica» preservativi mentre da dietro Papa Benedetto XVI lo guarda e commenta: «buffonate»; e ancora più dietro il monsignor lefebvriano Williamson aggiunge: «.. e poi l'Aids non è mai esistito».

Chiaramente da noi sono già scoppiate le polemiche.

venerdì 13 marzo 2009

“Mein goldner Sigi”

Qualche aneddoto sulla vita degli psicanalisti potrà essere d'aiuto per capire le loro teorie?
Cercheremo di capirlo in questo post.

Aneddoto introduttivo: la periodicità di Fliess
Nel corso dell'anno 1900 avviene il distacco di Sigmund Freud (nella foto, a sinistra) dall’amico Wilhelm Fliess (nella foto, a destra).
Medico di Berlino conosciuto attraverso Breuer nei primi anni ’80 dell’Ottocento, Fliess era assertore di teorie sulla preminente funzione biologica della sessualità e sulla essenziale bisessualità dell’uomo vicine - se non ispiratrici - alle posizioni freudiane e, inoltre, di una teoria della periodicità, per cui credeva che tra un evento e l’altro trascorresse un intervallo di tempo numericamente predeterminato, cui anche Freud in un primo momento aderì.

La storia della rottura di questa amicizia (Freud si era già allontanato dallo stesso Breuer, poi romperà con Adler [1911], con Stekel [1912] – quello dei cucchiaini– e infine con Jung [1913]) inizia nella primavera del 1900.
Fliess si ammala, ma Freud non lo va a trovare. Nei suoi sogni, di cui lui stesso è il protagonista sottoforma di eroe conquistatore, Sigmund non rinviene la minima traccia di Fliess. Questo che cosa significa?
Chiaramente ce lo rivela lo stesso Freud, nella famosa Interpretazione: tali sogni “potevano unicamente star lì a testimoniare che ero contento perché ancora una volta sopravvivevo a qualcuno, perché era stato lui a morire e io no, perché adesso io restavo padrone del campo”. Bene.
Fliess suo malgrado però non ci lasciò la pelle, e un poco si risentì della mancata visita dell’amico.
L'incontro successivo tra i due colleghi avvenne molti mesi dopo, a Innsbruck, per discutere sugli argomenti cui stavano lavorando: bisessualità, psicoanalisi, periodicità. Fu probabilmente in quell’occasione che Freud mise al corrente l’amico delle proprie opinioni su di lui e sulla sua teoria di prededeterminazione degli eventi, ovvero:

Fliess aveva deciso di fare il medico perché aveva visto morire il padre, mentre sapeva che lo si sarebbe potuto salvare. Poi, “la morte dell’unica sorella sopraggiunta all’improvviso due anni dopo, al secondo giorno di una polmonite per la quale egli certo non poteva accusare il medico, analogamente lo aveva portato, per consolarsi, a elaborare la teoria fatalista secondo cui si muore nella data predestinata”.

Reazione: “Fliess” (prosegue lo stesso Freud) “accolse molto male la mia disamina, e fu quella la vera ragione della rottura tra noi, da lui architettata in modo così patologico (paranoico)”.

[Bisogna sottolineare che quando due psicanalisti "rompono" si accusano immancabilmente a vicenda di tutte le patologie del caso. Freud inaugura la pratica e durante tutta la sua vita, ogni qual volta trova qualcuno che non è daccordo con lui, è ovvio che ha delle manie di grandezza, come Adler e Jung]


Pro et contra - la maniera di argomentare freudiana. Ovvero TEORIA e PSICOLOGIA.

A favore di Fliess, sia detto che l’argomento che fa dipendere la verità di una teoria dalle motivazioni psicologiche che portano alla sua elaborazione (lam morte della madre) è chiaramente una fallacia logica (come se, dalla scoperta che Newton era un maniaco delle mele o Darwin un fanatico delle scimmie, si potesse concludere che la gravitazione universale e l’evoluzione siano false).

I sostenitori di Freud invece fanno notare come, con l’evidenziare il portato lenitivo di una teoria per il rispettivo teorico, Sigmund non si impegna ancora in un giudizio sulla sua validità. Freud indica "soltanto" l’eziologia psicologica degli assunti del collega, e anche se, proprio attraverso tale eziologia, lasciasse trasparire qualche dubbio sul loro valore di verità, almeno esplicitamente non confuta niente. Dunque non ricade nell'errore di cui sopra.

Resta il fatto che le costruzioni teoriche fliessiane erano ai limiti dell'accettabilità scientifica dell'epoca. Vero, ma lo stesso si può dire per le posizioni di Freud, e ciò inoltre, forse, ci spiega anche la sintonia personale e il sodalizio intelletuale che intercorse fra i due.

Un altro esempio di questa "affinità elettiva": Fliess, otorinolaringoiatra, sosteneva (in aggiunta a tutto il resto) anche la tesi secondo la quale il naso era un organo che influiva sulle condizioni di tutto il corpo, posizione che anche Freud, prima di cominciare le sue critiche all'amico, non mancò di sposare.


"Ho nella testa talmente fissa l'idea della figa, che ogni 28 giorni mi esce il sangue dal naso". Le dottrine di Fliess.

Un piccolo sunto del corpus dottrinale fliessiano è necessario per capire meglio il contenuto ed apprezzare l' alto livello di elaborazione teorica di cui stiamo parlando:

"Fliess postulava l’esistenza di uno stretto rapporto tra la mucosa nasale e l’attività genitale: spesso tale mucosa si gonfia durante l’eccitamento genitale o le mestruazioni.
Nel 1897, nella sua prima pubblicazione, Fliess introdusse una nuova sindrome chiamata “nevrosi nasale riflessa“, che comprendeva cefalea, dolori nevralgici a carico di svariati distretti, disturbi degli organi interni, della circolazione, della respirazione e della digestione. L’etiologia veniva fatta risalire sia a cause organiche (come per esempio i postumi di una infezione) che funzionali (disturbi vasomotori di origine sessuale). Fliess riteneva che tutte le manifestazione della sindrome potessero essere curate con l’applicazione nasale di cocaina.
Secondo Fliess l’espressione della periodicità delle attività vitali era da ricercare nel fenomeno delle mestruazioni. Riteneva di aver trovato la chiave di questa periodicità nell’applicazione di due numeri, il 28 e il 23. Il primo derivava dalla periodicità naturale del ciclo mestruale, il secondo probabilmente dall’intervallo tra la fine di un ciclo mestruale e l’inizio del successivo. In più riteneva che fosse possibile concepire la bisessualità in ogni essere umano, e che il numero 28 fosse da riferire alla componente femminile e il numero 23 a quella maschile. Questi “periodi“ determinavano, secondo Fliess, le fasi della nostra crescita, l’epoca delle nostre malattie, la data della nostra morte. I periodi della madre determinavano il sesso dei figli e la data della loro nascita. Fliess riteneva che tale ordine periodico interessasse l’intero regno animale. L’opera principale di Fliess, Der Ablauf des Lebens (“Il ritmo della vita“) del 1906 suscitò un certo fermento a Berlino e a Vienna.”


Teorie patologiche o patologie teoriche?

Aveva dunque ragione Freud? E, se seguiamo il procedimento utilizzato per la predeterminazione, cosa si potrebbe ancora ricavare su questa teoria nappocentrica da un’analisi accurata del naso di Fliess e del suo rapporto (ma anche, ad esempio, di quello di Suskind) con l'olfatto? Dovremmo poi, sulla base di questo ragionamento, anche sapere quante mele mangiava Newton, quanti piselli sbucciava Mendel, ed indagare su cosa avesse fatto il fuoco al povero Lavoisier per condurlo a fare tutti quegli esperimenti sulla combustione -magari si era bruciato da bambino ed era rimasto traumatizzato -rivoluzionando la buona vecchia teoria del flogisto?
Detto ciò, sarebbe interessante provare ad applicare questo principio a Freud.

Edipo e le anguille.

Al secondo piano di Berggasse 19, 1090 Wien, è situato [sobrio e ben indicato (vedi foto)] l’appartamento in cui il dottor Sigmund Freud abitò dall’autunno 1891 al 4 giugno 1938, data in cui egli (grazie all’aiuto in grossa misura, tra gli altri, della principessa Marie Bonaparte, discendente del fratello di Napoleone, la stessa che poi acquisterà da un libraio di Berlino fuggito a Parigi il carteggio – 284 lettere – tra Fliess e Freud) si trasferì a Londra, ove morì l’anno successivo.


Attualmente la casa è un museo-raccolta di cimeli, foto, menù completo del matrimonio (vedi foto)

e altre amene curiosità appartenute ad e riguardanti il padre della psicanalisi e la sua famiglia (a titolo di cronaca: la moglie, Martha Bernays, era la sorella di Jacob, i cui scritti di psicologia sulla catarsi influenzarono la nozione del “tragico” di Nietzsche; il secondo figlio Oliver si chiamava così in onore di Cromwell; la cognata Minna, che viveva a casa Freud, aveva un rapporto col professore che – almeno secondo Jung – restava alquanto irrisolto). Purtroppo non ci sono reliquie, ma tra tutti questi particolari si possono raccogliere due importanti informazioni, che ci hanno richiamato alla mente la controversia Fliess-Freud di cui sopra, e che portiamo alla vostra attenzione:

a) l’argomento del compito di greco all’esame di maturità di Freud era l’ Edipo-Re di Sofocle.

b) prima di occuparsi di psiche, Freud aveva condotto precisi studi scientifici sulle gonadi delle anguille, manipolandone, “nei mesi da marzo a settembre 1876, circa 400 esemplari, lunghi dai 200 ai 650 mm”, interessandosi a particolari organi lobari, che, a detta sua, si potevano indicare come i testicoli delle stesse.

La rivalsa di Fliess?

Dai dati appena esposti, la sinapsi ci fa scivolare automaticamente sulle seguenti questioni:

(1a) - può l’esame di greco aver avuto qualche ripercussione sugli assunti teorici freudiani?













2a) – che rapporto vi è tra questi, l’esame e il quadro di Ingres “Edipo e La Sfinge” (che scopriamo essere stato) appeso nell’ambulatorio di Freud?










(1b) – quando Luce Irigaray parla di tali assunti e della teoria cui danno luogo nei termini di teoria “fallologocentrica”, si può rintracciare un qualche riferimento alle anguille?

(2b)- C’è qualche collegamento tra le anguille stesse e le statuette falloidi (dragoni gotici, divinità egizie e serpenti, teste intagliate) di cui Freud amava circondarsi e che popolavano (vedi foto - Freud Museum, London), assieme al suddetto quadro, il suo studio?



(2b.II) – Quale rapporto in particolare tra Freud, le anguille e la statuetta egizia “divinità con testa d’uccello”, che Freud aveva posta accanto alla sua poltrona nell’ambulatorio?




Di tali statue, che egli chiamava “i miei vecchi dèi rovinati”, dice Hilda Doolittle (paziente di Sigmund, riferendo ciò che lo stesso Freud le aveva detto): “quelle statuine e immagini lo aiutavano a fermare l’idea fuggevole, o a impedire almeno che si dileguasse del tutto”.

Dunque:
(3a+b)- Qual’era questa idea?

Sarà forse la stessa che nel 2005 ha ispirato l'architetto Jean Nouvelle per la progettazione della torre Agbar, nel distretto di Sant Martì a Barcellona?



“Ogni scarafone è bello a mamma soja” (detto napoletano).

Il piccolo Freud, figlio del quarantunenne commerciante di tessuti Jacob e della sua terza moglie, la ventunenne Amalia, è il terzogenito del commerciante (ne aveva due adulti che vivevano nelle vicinanze), ma per Amalia è il primogenito. Questo, forse, il motivo per cui ella nutrì sempre per lui una particolare preferenza.
Nel 1860 “Sigi”, come lo chiamavano in famiglia (la madre continuò a chiamarlo per tutta la vita “mein goldner Sigi” – mio dorato Sigi), si trasferì con la famiglia a Vienna, cambiando qualche anno più tardi nuovamente abitazione (causa probabile la nascita delle sei sorelle).
Nella nuova casa Freud è l’unico a cui tocca una camera da solo; è lui inoltre a possedere l’unica lampada a disposizione (il resto della famiglia usa le candele), ed è anche il solo, poiché deve studiare, cui è permesso di cenare nella propria camera - per non interrompere il lavoro.
Mentre studia l’alacre Sigi, che è molto stonato, è abituato a canticchiare canzoni popolari viennesi, ma, se le sorelle suonano il piano, si distrae. Le lezioni delle sorelle vengono dunque interrotte e lo strumento venduto.
..

A scuola

A scuola (lo Spenglergymnasium), per tutti gli otto anni, Freud è seduto al primo banco, ed è costantemente il primo della classe.
Il ricordo dell’invidia e del risentimento dei compagni resterà impresso nella sua memoria e nelle sue lettere per molti anni.
Tale successo scolastico confermò tuttavia e accrebbe la premura della madre.

L'eroe conquistatore e il quadro di Ingres.

Da dove potrebbe dunque provenire la convinzione, che rimarrà inalterata in Freud, che “se un uomo è stato l’indiscutibile preferito di sua madre, per tutta la vita manterrà la sensazione di essere un vincitore, avrà cioè quella fiducia nella propria riuscita che spesso davvero porta al successo” (E. Jones, Vita e opere di Freud, 1977)?


Le anguille

Dopo essersi diplomato a pieni voti (i migliori della classe, col lavoro sull’Edipo Re), nell’autunno 1873 Freud si iscrive alla facoltà di medicina dell’università di Vienna. Non sappiamo se anche lì è seduto al primo banco, quel che è certo è che il 15 Marzo 1887 appare, nei “Lavori dell’istituto zoologico di anatomia comparata dell’università di Vienna” un suo scritto, il cui frontespizio riporta:

Beobachtungen über Gestaltung und feineren Bau der als Hoden beschriebenen Lappenorgane des Aals“

(Mit 1. Tafel)

Von SIGMUND FREUD

Vorgelegt in der Sitzung am 15.März 1877.




Traduzione:

Osservazioni sulla conformazione e sulla struttura degli organi lobari dell’anguilla descritti come testicoli”

(Con 1 tavola)

Di Sigmund Freud

Presentato nella sessione del 15 Marzo 1877.


Il lavoro inizia così: “Nei mesi da marzo a settembre dell’anno 1876 ho esaminato in tutto circa 400 anguille, lunghe dai 200 ai 650 mm […]”.


Conclusioni. [Il gatto (o meglio, il serpente) si morde la coda?]

Insomma, se applichiamo il principio con cui Freud ha cassato l'amico Fliess a Freud stesso la domanda sorge da sé: Ma quando Sigmund ci propone le sue teorie sul complesso di Edipo, non ci starà mica riciclando il tema di greco?
E che possa il rapporto con la madre spiegare tanto Ingres quanto le teorie stesse?

Nell'interpretare più o meno freudianamente questi episodi di vita come indizi, attenzione però a quello che Freud ci dice - o ci confessa - su questa (bzw. sulla sua) pratica interpretativa:

Anche lavorare sulla base di piccoli indizi, come usiamo costantemente fare in questo campo, comporta determinati pericoli. Vi è una malattia psichica, la “paranoia combinatoria”, nella quale l’impiego di tali piccoli indizi viene effettuato in modo illimitato; e io naturalmente non mi farò garante che le inferenze costituite su questo fondamento siano sempre corrette

S. Freud. Introduzione alla psicoanalisi, p. 63


Freudiani o fliessiani che siate, non fatevi dunque prendere troppo dalle associazioni ed infereze tra teorie e psicologie, perché, a parte il fatto che potrebbe non esservene alcuna, correte anche il rischio che queste diventino paranoiche (ammesso che già non lo siano).


Appendice:

1) La fine dei rapporti Fliess-Freud:


Il 20 luglio 1904, Fliess scriverà, chiedendo chiarimenti, a Freud: “Caro Sigmund, ho preso visione di un libro di Weininger, e con grande costernazione ho trovato esposte nella prima parte, che tratta di biologia, le mie idee sulla bisessualità e sulla natura dell'attrazione bisessuale che ne consegue, gli uomini effemminati attraggono le donne mscoline e viceversa...

Noto da una citazione che Weininger conosceva Swoboda, il tuo allievo, prima della pubblicazione del libro di quest’ultimo e apprendo qui che i due erano intimi amici. Non ho dubbi che Weiniger abbia conosciuto le mie idee attraverso di te e abbia fatto un uso indebito di cose non sue. Ne sai qualcosa? Mi potrai dare una risposta franca (al mio indirizzo berlinese, dato che partirò da qui già il 23 sera)?"


Fliess aveva ragione; Otto Weininger, psicologo e filosofo viennese, rivendicava la primogenitura della teoria della bisessualità, che invece apparteneva a Fliess. Era stato Freud a rivelare tali teorie al suo paziente\allievo (i due termini si confondono sempre tra gli psicanalisti) Hermann Swoboda, intimo amico di Weininger, che poi le aveva pubblicate come sue. Freud se ne rese conto, putroppo, solo a cose fatte. (La psicanalisi d'altronde è costitutivamente un metodo del "dopo", dell' "a cose fatte"). Ripensandoci, capì che aveva agito per privare l'amico della sua originalità.

Fine dell'amicizia.


2) La verga di Mosè (e il biblico Viagra).

Nel 1915 Freud scrive un capitolo della sua Introduzione alla psicanalisi, intitolato "Simbolismo del sogno", in cui fa notare: "Ai simboli sessuali machili meno comprensibili appartengono certi rettili e pesci, soprattutto il famoso simbolo del serpente".

Rimandiamo sopra per il riferimento di questo passo alla fase anguillifera di Freud, volgendoci invece alla Bibbia, che in qualche modo sembra confermare le teorie freudiane.

La storia di Adamo ed Eva è nota a tutti:
"Il serpente era il più astuto di tutti gli animali della campagna, che il Signore Iddio aveva formato [etc. etc.]". (Genesi 3,1); è lui che seduce Eva, che accende la sua vanità, proponendole di diventare come dio stesso nutrendosi del frutto dell'albero proibito...


(Eh sì, purtroppo anche il povero Bis o Sir Hiss sembra dover soggiacere alla fallologica freudiana...)
Qualcuno tuttavia ha fatto notare che "il serpente, come simbolo del pene, sarà pure insinuante e viscido, ma è un po' moscio". Giusto. Ma guardate cosa si legge scorrendo di qualche pagina il testo sacro, nel libro successivo:

"Il Signore allore gli disse:
- Che cosa hai in mano?
Egli rispose:
- Una verga
- "Gettala a terra", gli comandò il Signore.
Egli la gettò, e quella si cambiò in serpente: allora Mosè si tirò indietro spaventato.
Ma il Signore gli disse:
- Stendi la tua mano e prendilo per la coda!
Egli stese la mano e lo prese, e il serpente tornò ad essere una verga in mano di Mosè.

"Così crederanno che il Signore iddio dei loro padri, Iddio di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe ti è apparso".

(Esodo, 4, 2-5)

mercoledì 11 marzo 2009

Il rispetto delle tradizioni

"La supremazia della classe dirigente romana si espresse nell'istituzione della clientela, una forma arcaica di dipendenza personale che sopravvisse a Roma in tutta la sua rilevanza in sorprendente contrasto con Atene ed il mondo greco in generale. [...]
In virtù di essa, [...] il cliente era affidato come inferiore, per consuetudine o per sua propria iniziativa, alla protezione di un uomo più potente al quale, in cambio, offriva certi servigi e verso il quale aveva determinati obblighi.
Tra i più importanti di questi servigi vi era il sostegno politico; un uomo poteva giungere a ricoprire una carica in parte per mezzo dei voti dei suoi clienti e di quelli dei suoi amici ed associati, i quali naturalmente si aspettavano a loro volta che costui desse loro i voti dei suoi clienti".

Tratto da: Michael H. Crawford - Roma nell'età repubblicana

Vorrei far notare che da allora sono passati più o meno 2200 anni, e se già nella Roma antica la clientela si può considerare una "forma arcaica di dipendenza personale", come possiamo valutare il nostro amato clientelismo italiano odierno?