lunedì 14 settembre 2009

Le Nuvole

Vanno
vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano
sono nere come il corvo
sembra che ti guardano con malocchio
Certe volte sono bianche

e corrono
e prendono la forma dell’airone
o della pecora
o di qualche altra bestia
ma questo lo vedono meglio i bambini che giocano a corrergli dietro per tanti metri

Certe volte ti avvisano con rumore
prima di arrivare
e la terra si trema
e gli animali si stanno zitti
certe volte ti avvisano con rumore

Vanno
vengono
ritornano
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più il posto dove stai

Vanno
vengono
per una vera mille sono finte
e si mettono li tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto una voglia di pioggia


Nel 1990 esce il dodicesimo album di studio di Fabrizio De André, intitolato Le Nuvole, della cui prima e omonima traccia avete riportato il testo. L’ascolto, prima di proseguire la lettura, è obbligatorio [abbisogno della password per le colonne foniche, ho perso tutto]

[…]

Il titolo dell’abum è squisitamente politico, ed è un richiamo diretto alla nota e ancora omonima commedia di Aristofane. Nell’opera del commediografo greco “le Nuvole” rappresentano i sofisti, cattivi consiglieri e contestatori (tra i quali viene annoverato, suo malgrado, il povero Socrate, in qualità di esponente principale della categoria) i quali, secondo De André

indicavano alle nuove generazioni un nuovo tipo di atteggiamento mentale e comportamentale sicuramente innovativo e provocatorio nei confronti del governo conservatore dell'Atene di quei tempi. […]”

D’altro canto

Le mie Nuvole sono invece da intendersi come quei personaggi ingombranti e incombenti nella nostra vita sociale, politica ed economica; sono tutti coloro che hanno terrore del nuovo perché il nuovo potrebbe sovvertire le loro posizioni di potere. Nella seconda parte dell'album, si muove il popolo, che quelle Nuvole subisce senza dare peraltro nessun evidente segno di protesta.”

Ecco spiegata la bipartizione del disco in due parti, una in italiano (che rappresenta i potenti - primi quattro brani) e l’altra in dialetto (i.e. il popolo, secondi quattro). Utilizzando tale chiave di lettura si interpreta poi anche il frinire iniziale delle cicale, che apre il brano (sarà ripreso anche al termine), e che rappresenta “le chiacchiere dei ricchi, dei potenti, delle nuvole” nel loro significato metaforico.

se da una parte ci obbligano ad alzare lo sguardo per osservarle, dall'altra ci impediscono di vedere qualcosa di diverso o più alto di loro. Allora le nuvole diventano entità che decidono al di sopra di noi e cui noi dobbiamo sottostare, ma, pur condizionando la vita di tutti, sono fatte di niente, sono solo apparenza che ci passa sopra con indifferenza e noncuranza per nostra voglia di pioggia...

(Da Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, p. 146)


“Per la messa, pare un cammello davvero”
Ecco, chiarito il significato metaforico della matassa di acqua in sospensione dato da De André, vorrei liberarmene subito. Lo scopo è quello di depoliticizzare le nuvole, per poterne prenderne in considerazione un altro aspetto, meno opprimente e oscurantista. Si tratta di quell’ aspetto metamorfico, plastico e sorprendente che fa delle nuvole un affascinante esercizio di immaginazione per bambini. Da questo, secondo me, deriva il suo fascino anche la canzone di De André. Considereremo dunque il lato fantastico (nel senso di stimolante la fantasia) delle nuvole, l’airone e la pecora, che gli infanti vedono meglio, ma che anche il vecchio Aristofane, dal canto suo, aveva già colto:

SOCRATE:
- “Non vedesti mai, guardando il cielo nuvole simili a una centauro, o ad una pantera, o ad un toro”?
LESINA:

- "Senza dubbio! E con questo?"
SOCRATE:

- "Mutano di forma a lor piacere.Se vedono un di questi dalle gran capelliere,ricoperti di peli tutti quanti, un selvatico sul fare di Gerònimo, per beffar quel fanatico,si cangiano in centauri. "

(Aristoph. Nub. 346ss.)


Cangianti le nuvole, caleidoscopiche e multiformi. Shakespeare sembra registrarne l'analogo effetto in una delle sue opere più conosciute, The Tragical History of Hamlet, Prince of Denmark, nelle parole del ciambellano Polonio:


AMLETO:

- La vedete quella nuvola, che ha quasi la forma di un cammello?
POLONIO:

- Per la messa, pare un cammello davvero!
AMLETO:

- A me sembra una donnola.
POLONIO:

- Ha la schiena di una donnola.
AMLETO:

- O di una balena?
POLONIO:

- E' identica a una balena. "

(378-84)

HAMLET
Do you see yonder cloud that’s almost in shape of a camel?
POLONIUS
Bt th’mass and’tis, like a camel indeed.
HAMLET
Methinks it is like a weasel.
POLONIUS
Il is backed like a weasel.
HAMLET
Or, like a whale?
POLONIUS
Very like a whale


Data la sua posizione di galoppino\lacchè, Polonio può anche assere tacciato di menzogna nel compiacere il suo padrone stupendosi di fronte alla distesa di forme che sostiene avere davanti agli occhi. Il suo creatore, però, sembra nutrire per esse un fascino autentico, a giudicare almeno dalla bellissima descrizione con cui dipinge nuovamente la magia di nembi e cirri, evocandone la metamorfosi, in un bel passo dell’Antonio e Cleopatra:

ANTONIO
- A volte noi vediamo una nuvola prendere forma di drago; talvolta un cirro la forma di leone o d’orso o di turrita cittadella o d’un aereo picco; di forcuta montagna, di azzurri promontori vestiti d’alberi, che ammiccano al mondo irridendo ai nostri occhi con un gioco d’aria. Tu hai visto segni come questi; sono il corteggio del buio vespertino.
EROS
- Sì, mio signore
ANTONIO
- Quello che ora è un cavallo, basta un pensiero e il nembo lo cancella, e lo rende indistinto come l’acqua nell’acqua.

Basta un pensiero. (Dio è forse un pittore che occupa le sue ore libere in questo divertimento?)

Apollonio di Tiana fu un filosofo pitagorico, vissuto all’epoca di Cristo, che girò il mondo predicando la sapienza e compiendo miracoli (anche lui). Filostrato ne scrisse la biografia, un “curioso e commovente documento del paganesimo al tramonto”. Lì racconta di come questi arrivò fino in India, dove ammirò alcuni rilievi in metallo eseguiti al tempo di Alessandro Magno e così si intrattenne col suo discepolo Damide (traendo conclusoni sulle nuvole simili a quelle accennate da Antonio):

-«Dimmi, Damide, esiste una cosa chiamata pittura?»
-«Certo», ribatte Damide.
- «E in che cosa consiste quest’arte?»
- «Beh, - risponde Damide – nel mescolare i colori».
- «E perché lo fanno?”.
- «Per l’imitazione, per ottenere una figura somigliante di un cane o un cavallo o un uomo, o una nave, o di qualsiasi altra cosa sotto il sole».
- «Allora – insiste Apollonio - la pittura è imitazione, mimesi?».
- «Certo, che cos’altro dovrebbe essere, se non fosse così sarebbe un ridicolo trastullarsi con i colori ».
- «Già, - continua il suo mentore - ma che dire delle cose che vediamo in cielo quando le nubi corrono portate dal vento, di quei centauri e antilopi, di quei lupi e cavalli? Sono anch’esse opere di imitazione? Dio è forse un pittore che occupa le sue ore libere in questo divertimento?»
No, rispondono concordi i due, queste forme che vediamo nelle nubi non hanno significato in sé, sorgono per puro caso; siamo noi che siamo per natura portati all’imitazione e diamo forma a queste nubi.
- “Ma questo non significa forse – propone Apollonio – che l‘arte dell’imitazione ha un duplice aspetto? Uno è quello che porta ad usare le mani e la mente per realizzare imitazioni, l’altro è quello che realizza la somiglianza unicamente con la mente? Anche la mente dell’osservatore ha la sua parte nell’imitazione. Per questo dico che coloro che osservano opere di pittura e disegno devono possedere la facoltà imitativa e che nessuno può capire il cavallo o il toro dipinto se non conosce questi animali”

(cit da Gombrich 221,2)


A quanto pare sembra che le forme nelle nuvole ce le mettiamo noi, almeno in parte. Così la malìa sarebbe un auto-ammaliamento, e noi saremmo vittime della nostra stessa fantasia.
Ma secondo quale meccanismo?

2 commenti:

Le_cas ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Le_cas ha detto...

Giotto che testa fra le nuvole. Nuove recenti "scoperte" tra i nembi d'autore. Due articoli in ordine cronologico d'apparizione. Uno sulla Domenica del Sole 24 Ore (migliore, ma purtroppo senza immagini), l'altro sul Corriere (con varie fotografie).

http://www.arteconomy24.ilsole24ore.com/art/approfondimenti/2011-08-30/giotto-testa-nuvole-073759.php

http://www.corriere.it/cultura/11_novembre_05/assisi-demone-giotto-scoperta_dae927a2-07c8-11e1-8b90-2b9023f4624f.shtml