martedì 14 dicembre 2010

L’anello di Carlomagno. (Epigrafe o appendice al post precedente)

Riprese in mano le Lezioni Americane di Calvino dopo il baseball, mi sono imbattuto in una considerazione interessante, soprattutto per chi avesse letto il post precedente (e il rispettivo libro). Il passo si trova nel quinto e sesto paragrafo della seconda lezione, che Calvino dedica al tema (qui non centrale) della Rapidità.
Le lezioni, si sa, erano state scritte per essere tenute come lectures ad Harvard nell’anno accademico 1985-1986. Calvino morì però il 18 settembre 1985 a Siena, e non le lesse mai. Curioso, prima di cominciare, l’aneddoto da cui le Lezioni traggono il loro nome (quando morì, Calvino non aveva ancora dato il titolo italiano alle conferenze - sarà la moglie a farlo e a spiegare il motivo della scelta nella Nota Introduttiva): “Se mi sono decisa finalmente per Lezioni americane è perché in quell’ultima estate di Calvino, Pietro Citati veniva a trovarlo spesso al mattino e la prima domanda che faceva era: Come vanno le lezioni americane? E di lezioni americane si parlava”.

Il dattiloscritto si trovava sulla sua scrivania, in perfetto ordine, ogni singola conferenza in una cartella trasparente, l’insieme raccolto dentro una cartella rigida, pronto per essere messo nella valigia”.

Riporto il testo della lezione fin dall’inizio, per inserire il brano in un contesto (chi volesse può saltare subito agli ultimi due paragrafi):

“Comincerò raccontandovi una vecchia leggenda. L'imperatore Carlomagno in tarda età s'innamorò d'una ragazza tedesca. I baroni della corte erano molto preoccupati vedendo che il sovrano, tutto preso dalla sua brama amorosa, e dimentico della dignità regale trascurava gli affari dell'Impero. Quando improvvisamente la ragazza morì, i dignitari trassero un respiro di sollievo, ma per poco: perché l'amore di Carlomagno non morì con lei. L'imperatore, fatto portare il cadavere imbalsamato nella sua stanza, non voleva staccarsene. L'arcivescovo Turpino, spaventato da questa macabra passione, sospettò un incantesimo e volle esaminare il cadavere. Nascosto sotto la lingua morta, egli trovò un anello con una pietra preziosa. Dal momento in cui l'anello fu nelle mani di Turpino, Carlomagno s'affrettò a far seppellire il cadavere, e riversò il suo amore sulla persona dell'arcivescovo. Turpino, per sfuggire a quell'imbarazzante situazione gettò l'anello nel lago di Costanza. Carlomagno s'innamorò del lago e non volle più allontanarsi dalle sue rive.
Questa leggenda "tratta da un libro sulla magia" è riportata, ancor più sinteticamente di quanto non l'abbia fatto io, in un quaderno d'appunti inedito dello scrittore romantico francese Barbey d'Aurevilly. Si può leggerla nelle note dell'edizione della Pléiade delle opere di Barbey d'Aurevilly (I, p. 1315). Da quando l'ho letta, essa ha continuato a ripresentarsi alla mia mente come se l'incantesimo dell'anello continuasse ad agire attraverso il racconto.
Cerchiamo di spiegarci le ragioni per cui una storia come questa può affascinarci. C'è una successione d'avvenimenti tutti fuori della norma che s'incatenano l'uno all'altro: l'innamoramento d'un vecchio per una giovane,un'ossessione necrofila, una propensione omosessuale, e alla fine tutto si placa in una contemplazione melanconica: il vecchio re assorto alla vista del lago. "Charlemagne, la vue attachée sur son lac de Constance, amoureux de l'abîme caché", scrive Barbeyd'Aurevilly nel passo del romanzo a cui rimanda la nota che riferisce la leggenda. (Une vieille maîtresse).
A tenere insieme questa catena d'avvenimenti c'è un legame verbale, la parola"amore" o "passione" che stabilisce una continuità tra diverse forme d'attrazione, e c'è un legame narrativo, l'anello magico,che stabilisce tra i vari episodi un rapporto logico, di causa ed effetto. La corsa del desiderio verso un oggetto che non esiste,un'assenza, una mancanza, simboleggiata dal cerchio vuoto dell'anello, è data più dal ritmo del racconto che dai fatti narrati. Così come tutto il racconto è percorso dalla sensazione della morte in cui sembra dibattersi affannosamente Carlomagno aggrappandosi ai legami della vita, un affanno che si placa poi nella contemplazione del lago.
Il vero protagonista del racconto è, comunque, l'anello magico: perché sono i movimenti dell'anello che determinano quelli dei personaggi; e perché è l'anello che stabilisce i rapporti tra loro. Attorno all'oggetto magico si forma come un campo di forze che è il campo del racconto. Possiamo dire che l'oggetto magico è un segno riconoscibile che rende esplicito il collegamento tra persone o tra avvenimenti:una funzione narrativa di cui potremmo rintracciare la storia nelle saghe nordiche e nei romanzi cavallereschi e che continua a presentarsi nei poemi italiani del Rinascimento. Nell'Orlando furioso assistiamo a un'interminabile serie di scambi di spade, scudi, elmi, cavalli, ognuno dotato di proprietà caratteristiche,cosicché l'intreccio potrebbe essere descritto attraverso i cambiamenti di proprietà di un certo numero d'oggetti dotati di certi poteri, che determinano le relazioni tra un certo numero di personaggi.
Nella narrativa realistica l'elmo di Mambrino diventa la bacinella d'un barbiere, ma non perde importanza né significato; così come importantissimi sono tutti gli oggetti che Robinson Crusoe salva dal naufragio e quelli che egli fabbrica con le sue mani. Diremmo che dal momento in cui un oggetto compare in una narrazione, si carica d'una forza speciale,diventa come il polo d'un campo magnetico, un nodo d'una rete di rapporti invisibili. Il simbolismo d'un oggetto può essere più o meno esplicito, ma esiste sempre. Potremmo dire che in una narrazione un oggetto è sempre un oggetto magico.”

Da Italo Calvino, Lezioni americane. Six memos for the next millenium. (Con nota introdutiva di Esther Calvino) Einaudi 2009.

1 commento:

Piaz ha detto...

curiosità. gli incontri tra calvino e citati avvengono nella pineta di roccamare, in provincia di grosseto. citati è ancora lì ogni giorno per tutta l'estate, persona durissima e poco socievole come la sua prosa lascia intendere. è noto per la nuotata di schiena a braccia larghe. ma gli va reso atto che per l'età che ha, nuota distanze invidiabili. ogni estate citati scrive sulla pineta cui è molto affezionato, su repubblica. l'ultima estate, se non sbaglio, ricordava proprio calvino.
un altro autore che ha diviso molto con calvino, fino anche lo studio stesso all'einaudi, è carlo fruttero. questo, ormai anziano, si è definitivamente ritirato nella pineta, vivendovi a tempo pieno. in alcune sue memorie non postume pubblicate quest'anno ovviamente einaudi ricorda gli anni di lavoro e vacanza con calvino (e la moglie chichita, che gli piaceva parecchio di più...)(intellettualmente).
proprio palomar, con la sua descrizione del geco sul vetro e non so cosa altro non ricordo, è uno dei principali esempi del legame fra la letteratura di calvino e roccamare.