martedì 25 novembre 2008

Pessoa uno e quadro

Quante personalità avete? E se il vostro io non fosse che una mera finzione? In quanti modi siete capaci di raccontarvi?
Ecco a voi l'interessantissima e avvincente introduzione della mia tesi di laurea.
(Volevo renderla un po' meno accademica ma per ora non ho tempo).


1) Introduzione

1.1) Eteronimia: la pluralità di Fernando Pessoa.

Per eteronimia la critica è solita intendere la struttura fondamentale della poetica pessoana, che consiste nell’articolazione della poesia ma non solo, nella s-moltiplicazione della stessa personalità dell’autore in differenti individualità poetanti distinte per biografia, poetica, personalità, stile[1].
Si tratta di una molteplicità di personaggi che “coabitano” l’individuo biografico univocamente determinato come Fernando Pessoa, strutturandone la personalità in una costellazione plurale di “io”, ciascuno dei quali è entità distinta e autonoma, vissuta dal poeta come separata dalle altre e da sé.
Ognuno di questi personaggi, frutto di quella che Pessoa definisce “la mia tendenza organica alla spersonalizzazione e alla simulazione”[2], dotato del proprio volto, psicologia e persino biografia, si fa in Pessoa autore, con proprio stile e proprio repertorio tematico.
Il termine “eteronimia” (dal greco héteros = diverso, altro e onoma = nome) è il neologismo coniato dal poeta portoghese per definire questo dispositivo che “informa” tutta la sua produzione poetica, in cui, a ciascuna delle istanze plurime che egli incarna in sé (a ciascun eteronimo), è ricondotto un determinato corpus poetico, più o meno esteso, con diverse caratteristiche stilistiche e tematiche.
Si spiega così la forma sotto cui ci si presenta la poesia pessoana, costellazione multipla e irriducibile di opere di autori (od opere-autori) differenti, finti ma in qualche modo veri.
E’ questo poligono di individualità a strutturare quel poliedrico teatrino di poeti fittizi che sono la personalità e l’opera pessoana, battezzato da egli stesso con la formula “drama em gente”. Si tratta del marchio fondamentale dell’avventura letteraria e psicologica che fu Fernando Pessoa[3], concrezione immaginaria di personaggi-autori, prisma di personalità finte, articolate in una architettura della finzione cui lo stesso poeta portoghese, suo artefice, è costretto a soggiacere.
Per il radicalizzarsi di una logica ad esso interna infatti, il gioco della divisione sistematica della propria personalità in una “coterie inesistente“ di personalità-altre, messo in scena dal portoghese, sembra costringerlo a vedere sé stesso come una delle maschere da indossare, fra le tante, plurime, che definiscono la geometria del suo Sé[4].
E’ lo stesso meccanismo di spersonalizzazione che origina la molteplicità psicologica e letteraria che è lo stesso Pessoa a esigere il sacrificio del proprio autore, ed a spiegarne così la presenza, come personaggio (Fernando Pessoa ortonimo), all’interno del suo drama em gente.
Scoperto il proprio sé illusorio, egli non può far altro che consegnarsi alla finzione della propria opera, in cui figura con nome, stile e poetica propri, rendendo in tal modo la sua personalità “reale” tanto fittizia quanto la finzione vera degli eteronimi[5].
Con questa operazione con cui abdica a sé, divenendo parte della geometria della finzione che egli stesso ha creato, Pessoa non solo chiude il circolo eteronimico, ma lo priva allo stesso tempo del suo autore; rescinde cioè ogni riferimento del drama (in cui egli si è calato) a una soggettività artefice, cui esso non può più essere ricondotto[6].
Il poligono dei poeti eteronimici si svincola così da un soggetto a esso gerarchicamente superiore che se ne identifichi come l’autore, e si istituisce trigonometria della finzione assoluta, spazio ontologico autonomo.
L’autonomia ontologica dello spazio che la definisce e la sua irriducibilità al singolo divengono le cifre fondamentali dell’opera molteplice del portoghese. “Nel senso consueto del termine Fernando Pessoa non scrisse una opera. Se noi potessimo attribuirgli un’opera il genere di creazione che fu la sua non avrebbe senso”[7].
La definizione dello spazio istituito mediante tale operazione, in cui si muove la molteplicità creatrice dei personaggi-autori, finti ma veri, è il quadro di riferimento in cui va compreso il sentiero che cerca di battere questa tesi.
Tra i molti tentativi di spiegazione forniti alla dinamica eteronimica, ci rifacciamo a quel filone interpretativo che ha il suo rappresentante in Edouardo Lourenço[8], e colloca la poesia del drama em gente in uno spazio di pensiero eminentemente nietzschiano, quello apertosi con l’evento della morte di Dio e del crollo della metafisica.
Muovendo dalle corrispondenze nietzschiane presenti nell’opera pessoana[9], la consistenza ontologica dello spazio eteronimico – trigonometria della finzione assoluta –, sarà compresa nel suo riferimento a tale orizzonte filosofico.
Se la matrice ontologica sembra essere la medesima, la finzione, minimo comun denominatore tra la dottrina nietzschiana e quella pessoana, assunta come punto fermo alla base dei rispettivi sistemi di pensiero, ci potrà forse, in conclusione, consentire di stabilire un parallelo riguardo alle rispettive concezioni del soggetto nei due autori.

Note:
[1] “Gli eteronimi di Pessoa adempiono, ciascuno nei limiti della sua provincia metafisica, il proprio programma esistenziale, tematico, narrativo ed estetico”, Krysinski (2000), p. 21.
[2] “Lettera a Casais Monteiro”, in Tabucchi (1990), p. 129. La lettera è il documento autografo più importante a proposito della descrizione e collocazione delle circostanze in cui sorgono gli eteronimi; cfr. anche l’abbozzo di prefazione per una progettata edizione della sua opera in Pessoa (trad. it. 1987), p. 70-76, cit. p. 24. Per una collocazione degli eteronimi nella biografia pessoana e una loro lettura in rapporto a questa cfr. Crespo (2002). Per una “biografia” delle singole personalità eteronimiche vedi il saggio “Una vita, tante vite” Tabucchi (1990), pp. 42-53. Riguardo alla singola analisi della loro poetica e stile cfr. Azevedo (2005b).
[3] Lourenço (1997), p. 117: “Fernando Pessoa non è stato un poeta ma vari poeti, tutti reali e nessuno veramente esistente, tutti esistenti e nessuno veramente reale”.
[4] Cfr. Paz (1988).
[5] Balso (2000).
[6] Ibid.
[7] Lourenço (1997), p. 117.
[8] Ibid,; cfr. sotto il capitolo “Nietzsche” p. 9.
[9] Azevedo (2005b); lo stesso Azevedo individua alla base della tessitura di corrispondenze tra i due autori che traccia nel suo testo Nietzsche e Pessoa lo spazio di pensiero apertosi con l’evento morte di Dio, cfr. sotto pp. 11, 18.

Nessun commento: