lunedì 26 luglio 2010

Per me, è finita.

67. Alla moglie Eleonora¹

Mia dolcissima Noretta,
credo che questa sia proprio l'ultima. Per ragioni misteriose mi sembra preclusa qualsiasi speranza. Non si sa neppure approssimativamente, che cosa accada, in che si concludano le varie inziative delle quali [una] volta [...] si parla. Il Papa non può fare niente neppure dimostrativamente, in questo caso? Perché avevamo tanti amici, a schiere. Non una voce ch'io sappia, si è levata sin qui. Di voi ho ricevuto la sola lettera del "Giorno", che volevo portare sul petto, così per farmi compagnia, all'atto di morire². Ma si è perduta nel pulire la prigione. Per quanto abbia chiesto, non ho saputo altro. Quasi pensavo di aver fatto qualcosa di vergognoso. Ma è il meccanismo, deve essere così. Ed a voi devono avere consigliato (proibito) di fare qualsiasi protesta, che non sarebbe servita a nulla, ma avrebbe dimostrato che io qualche persona cara l'ho ancora. E' stato tutto freddamente determinato ed io sono stato trattato, come se solo mi fossi servito della D.C. Ma non hanno nemmeno un momento esaminato la situazione, per vedere che cosa era opportuno fare, salvare il salvabile, capire. Una spaventosa improvvisazione. Per me, è finita. Penso solo a voi e, se non sono oppresso fino alla follia, vi richiamo, vi rivedo, da grandi e da piccoli, da anziani e da giovani. E tra tutti il dilettissimo Luca con cui passo ancora i momenti disponibili. E poi il dubbio della vostra salute, la ragione del vostro silenzio. Spero che Freato e Rana vi seguano. I nostri dopo 40 giorni si saranno un po' abituati, ma dimenticati, spero, no. Se a Torrita non venite, comincia col tenermi a Roma, o nella chiesa di Torrita. Abbracciameli tutti tutti, uno ad uno, ogni giorno, come avrei fatto. Ricordatemi un po', per favore. Io sono cupo e un po' intontito. Credo non sarà facile imparare a guardare e parlare con Dio e con i propri cari. Ma c'è speranza diversa da questa? Qualche volta penso alle scelte sbagliate, tante; alle scelte che altri non hanno meritato. Poi dico che tutto sarebbe stato eguale, perché è il destino che ci prende. Mentre lasciamo tutto resta l'amore, l'amore grande grande per te e per i nostri, fatto di tanta incredibile e impossibile felicità. Che di tutto resti qualche cosa. Ti abbraccio forte, Noretta mia. Morirei felice, se avessi il segno di una vostra presenza. Sono certo che esiste, ma come sarebbe bello vederla.

Dio ti benedica con tutti
Aldo

¹ Non recapitata. Ritrovata come fotocopia di manoscritto nell'ottobre 1990 (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia). Scritta intorno al 25 aprile come si deduce dal riferimento ai quaranta giorni di prigionia trascorsi.

² Il riferimento dovrebbe essere alla lettera pubblicata ne «Il Giorno» il 7 aprile, perché della lettera scritta il 26 aprile dai familiari sostiene di non sapere ancora nulla. Secondo il giornalista de «L'Espresso» Mario Scialoja questo brano sarebbe un ulteriore segnale dell'esistenza di un canale di ritorno in quanto considera inverosimile che Moro volesse portarsi al petto «all'atto di morire» una semplice pagina di giornale (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia, audizione del 14 marzo 2000).


Da: Aldo Moro, Lettere dalla prigionia, a cura di Miguel Gotor, Torino, Einaudi, 2008, pp. 123-124.

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