34. Alla moglie Eleonora [1]
Mia dolcissima Noretta,
credo di essere giunto all'estremo delle mie possibilità e di essere sul punto, salvo un miracolo, di chiudere questa mia esperienza umana. Gli ultimi tentativi, per i quali mi ero ripromesso di scriverti, sono falliti. Il rincrudimento della repressione, del tutto inutile, ha appesantito la situazione. Non sembra ci sia via d'uscita. Mi resta misterioso, perché è stata scelta questa strada rovinosa, che condanna me e priva di un punto di riferimento e di equilibrio. Già ora si vede che vuol dire non avere persona capace di riflettere. Questo dico, senza polemica, come semplice riflessione storica. Ora vorrei abbracciarti tanto e dirti tutta la dolcezza che provo, pur mescolata di cose amarissime, per avere avuto il dono di una vita con te, così ricca di amore e di intesa profonda. Dio sa quanto avrei sperato di accompagnarvi ancora un poco, di dare custodia ed aiuto all'amatissimo Luca, di aiutare tutti a superare le prove del duro cammino. Ho tentato tutto ed ora sia fatta la volontà di Dio, credo di tornare a voi in un'altra forma. Non mi so immaginare onorato da chi mi ha condannato. Ma fa [2] tu, con spirito cristiano e senso di opportunità. Vi ho affidato a Freato e Rana per ogni necessità ed ho fiducia che Iddio vi aiuti. Tu curati e cerca di essere più tranquilla che puoi. Ci rivedremo. Ci ritroveremo. Ci riameremo. Ho scritto a tutti per Luca, perché siano impegnati per lui. A te debbo dire grazie, infinite grazie, per tutto l'amore che mi hai dato. Amore un po' geloso che mi faceva innervosire, quando ti vedevo «sprofondata» [3] in un libro. Ma amore autentico che resterà. Io pregherò per te e tu per me. Che Iddio aiuti la cara famiglia. In estate, al mare, fatti fare compagnia dalla famiglia Riccioni per te e per il piccolo. Ho lasciato il mio archivio a Luca da vendere tramite il Sen. Spadolini e il Dott. Guerzoni per costituire un piccolo peculio che lo aiuti a mantenersi nella vita. Ho dimenticato di dire, ma tu dillo a Guerzoni che per le foto i familiari e gli esecutori testamentari scelgano quelle che vale la pena di conservare alla famiglia. Nel magnetofono più grande, che è nel mio studio, ci sono già raccolte vocette di Luca trasferite da quello tascabile. Si può mano a mano trasferire e completare. Le bobine sono in camera nostra; film e foto sulla scrivania dello studio. Vorrei, come piccolo ricordo, che il biro della mia vestaglia da giorno andasse a Luca che lo amava «e il portacenere a Giovanni», un altro «pennarello » marrone nel comò a Giovanni, un biro uguale al primo sulla chiffonière ad Agnese, mentre Fida e Anna e tu potreste scegliere in quel mobile quel che volete. Sentite Manzari, vedi di fare testamento [4]. Io ne ho mandati due che spero siano arrivati e rinvierò in copia. Non mancare di fare e far fare la vaccinazione antinfluenzale, se viene la russa. Fatti seguire da Giuseppe [5] anche come amico. Tramite Rana fa controllare la stabilità del tetto sulla nostra stanza «e cura che il gas sia chiuso la sera. (Agnese) ». Per la tomba di Torrita [6] «almeno nell'immediato c'è » rischio di sicurezza. Forse converrebbe alloggare altrove, [o su di lì] stesso «o nella chiesa con speciale permesso ». Forse, per ora: consigliati con Freato. Chissà quante cose ho dimenticato. State più uniti che potete e tenete unite anche le mie cose con voi, perché sono vostro. Ho pregato molto La Pira. Spero che mi aiuti in altro modo [7].
Ringrazio tutti, tutti i parenti ed amicicon grande affetto. Che Iddio ci aiuti. Ricordati che sei stata la cosa più importante della mia vita. Ricordatemi discretamente a Luca con qualche foto e qualche descrizione, che non si senta del tutto senza nonno. E poi che sia felice e non faccia i miei errori generosi ed ingenui.
Ti abbraccio forte forte e ti benedico dal profondo del cuore. A nonna un bacio, nella forma che troverai.
Aldo
¹ Non recapitata. Lettera ritovata solo nell'ottobre 1990 come fotocopia di manoscritto (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia).
² Manca l'apostrofo nella fotocopia del manoscritto.
³ La parola sostituisce un poco comprensibile «spaventato» cancellato.
4 Giuseppe Manzari, amico di Moro dai tempi dell'università e suo consigliere giuridico, ne era stato il capo di gabinetto quando era ministro dell'Istruzione dal 1957 al 1959 e alla presidenza del consiglio dal 1963 al 1968 e dal 1974 al 1976. Allora era presidente della Sezione del Consiglio di Stato e capo del contenzioso diplomatico presso il ministero degli Esteri. Il 21 Gennaio 1977, Moro gli aveva inviato le bozze del testamento suo e della moglie per avere un consiglio da lui (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi).
5 Il riferimento dovrebbe essere ancora a Giuseppe Manzari poiché il raddoppio delle «p» è sufficientemente chiaro. [...]
6 Segue una parola cancellata.
7 Giorgio La Pira, terziario domenicano, professore di Diritto romano, fu uno dei padri costituenti lavorando nella Commissione dei 75 vicino al cosiddetto gruppo dei "professorini" Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, Giuseppe Lazzati e il più giovane Moro. Sindaco molto amato di Firenze per due mandati dal 1951 al 1957 e dal 1961 al 1965, morì nel 1977 in fama di santità e in suo onore è stata aperta una causa di canonizzazione. Il primo a drizzare le antenne su questo passo, sconosciuto fino all'ottobre 1990, è stato Sofri, L'ombra di Moro, p.41, notando che proprio il nome di La Pira era stato invocato, insieme con quello di don Luigi Sturzo, in occasione di una seduta spiritca, che si tenne il 2 Aprile 1978 in un casolare a Zappolino, nei pressi di Bologna. Come è noto, nella circostanza si erano riuniti per passare il giorno di festa insieme con le loro famiglie, un gruppo di docenti universitari, fra cui Alberto Clò, Mario Baldassarri e Romano Prodi. Nel corso della seduta, avvenuta colo cosiddetto metodo del piattino, emersero in rapida successione le indicazioni di "Gradoli, Bolsena, Viterbo" come luogo di prigionia di Moro. Il 6 aprile la polizia si recò in "accurato perlustramento" nell'omonimo paese del viterbese perché Prodi ritenne opportuno informare del fatto il portavoce di Zaccagnini che, a sua volta, contattò Luigi Zanda Loy, il capo ufficio stampa di Cossiga (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi). Quando, il 18 Aprile 1978, venne scoperto il covo di via Gradoli a Roma, ove si recava a dormire Moretti nel corso del sequestro, sorsero illazioni, sospetti e curiosità di ogni tipo e perciò l'episodio della seduta spiritica fu gradualmente portato a conoscenza del grande pubblico trasformandosi in un vero e proprio luogo comune del caso Moro e delle sue misteriologie. Non subito, però, perché Prodi, nominato il 28 novembre 1978 ministro dell'Industria, venne interrogato dalla magistratura per la prima volta il 22 dicembre 1978, insieme con Clò. Lo studioso della Rivoluzione francese Georges Lefebvre ha insegnato agli storici ad essere sensibili all'origine delle notizie, al modo con cui iniziano a circolare e si alimentano col trascorrere del tempo. Si segnala, dunque, che il calcio d'inizio pubblico di quest'annosa partita - passata nel corso di oltre vent'anni al vaglio della magistratura e di ben due commissioni di inchiesta parlamentare - dovrebbe essere un articolo del 17 ottobre 1978 di Roberto Martinelli e Antonio Padellaro, "Dov'è il leader dc?", chiesero allo spirito di La Pira. E la risposta arrivò col posacenere: "Gradoli...095", in «Corriere della Sera», p.7, in cui si raccoglievano, tra virgolette, le presunte dichiarazioni di un "professore bolognese", ancora per poco, coperto dall'anonimato.
Criteri di trascrizione
I documenti pubblicati in questa sede sono pervenuti in originale manoscritto (nel periodo 16 marzo - 9 Maggio 1978), in copia dattiloscritta (ritrovati, a Milano, in via Monte Nevoso, il Iº ottobre 1978) e in fotocopia di manoscritto (rinvenuti a Milano, in via Monte Nevoso, il 9 Ottobre 1990). [...] Ho effettuato i seguenti interventi:
- tra parentesi quadre [ ] ho inserito le opportune integrazioni di lettere o parole omesse per evidenti sviste dello scrivente, dei fotocopiatori o nel caso di congetture ritenute altamente probabili;
[...]
- tra parentesi uncinate ho posto le parole scritte fra le righe o aggiunte dall'autore posteriormente fra due vocaboli [per problemi di linguaggio html, al posto delle parentesi uncinate ho utilizzato le virgolette «»];
[...]
Da: Aldo Moro, Lettere dalla prigionia, a cura di Miguel Gotor, Torino, Einaudi, 2008, pp. XXVIII, 62-65.
¹ Non recapitata. Lettera ritovata solo nell'ottobre 1990 come fotocopia di manoscritto (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia).
4 Giuseppe Manzari, amico di Moro dai tempi dell'università e suo consigliere giuridico, ne era stato il capo di gabinetto quando era ministro dell'Istruzione dal 1957 al 1959 e alla presidenza del consiglio dal 1963 al 1968 e dal 1974 al 1976. Allora era presidente della Sezione del Consiglio di Stato e capo del contenzioso diplomatico presso il ministero degli Esteri. Il 21 Gennaio 1977, Moro gli aveva inviato le bozze del testamento suo e della moglie per avere un consiglio da lui (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi).
5 Il riferimento dovrebbe essere ancora a Giuseppe Manzari poiché il raddoppio delle «p» è sufficientemente chiaro. [...]
6 Segue una parola cancellata.
7 Giorgio La Pira, terziario domenicano, professore di Diritto romano, fu uno dei padri costituenti lavorando nella Commissione dei 75 vicino al cosiddetto gruppo dei "professorini" Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, Giuseppe Lazzati e il più giovane Moro. Sindaco molto amato di Firenze per due mandati dal 1951 al 1957 e dal 1961 al 1965, morì nel 1977 in fama di santità e in suo onore è stata aperta una causa di canonizzazione. Il primo a drizzare le antenne su questo passo, sconosciuto fino all'ottobre 1990, è stato Sofri, L'ombra di Moro, p.41, notando che proprio il nome di La Pira era stato invocato, insieme con quello di don Luigi Sturzo, in occasione di una seduta spiritca, che si tenne il 2 Aprile 1978 in un casolare a Zappolino, nei pressi di Bologna. Come è noto, nella circostanza si erano riuniti per passare il giorno di festa insieme con le loro famiglie, un gruppo di docenti universitari, fra cui Alberto Clò, Mario Baldassarri e Romano Prodi. Nel corso della seduta, avvenuta colo cosiddetto metodo del piattino, emersero in rapida successione le indicazioni di "Gradoli, Bolsena, Viterbo" come luogo di prigionia di Moro. Il 6 aprile la polizia si recò in "accurato perlustramento" nell'omonimo paese del viterbese perché Prodi ritenne opportuno informare del fatto il portavoce di Zaccagnini che, a sua volta, contattò Luigi Zanda Loy, il capo ufficio stampa di Cossiga (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi). Quando, il 18 Aprile 1978, venne scoperto il covo di via Gradoli a Roma, ove si recava a dormire Moretti nel corso del sequestro, sorsero illazioni, sospetti e curiosità di ogni tipo e perciò l'episodio della seduta spiritica fu gradualmente portato a conoscenza del grande pubblico trasformandosi in un vero e proprio luogo comune del caso Moro e delle sue misteriologie. Non subito, però, perché Prodi, nominato il 28 novembre 1978 ministro dell'Industria, venne interrogato dalla magistratura per la prima volta il 22 dicembre 1978, insieme con Clò. Lo studioso della Rivoluzione francese Georges Lefebvre ha insegnato agli storici ad essere sensibili all'origine delle notizie, al modo con cui iniziano a circolare e si alimentano col trascorrere del tempo. Si segnala, dunque, che il calcio d'inizio pubblico di quest'annosa partita - passata nel corso di oltre vent'anni al vaglio della magistratura e di ben due commissioni di inchiesta parlamentare - dovrebbe essere un articolo del 17 ottobre 1978 di Roberto Martinelli e Antonio Padellaro, "Dov'è il leader dc?", chiesero allo spirito di La Pira. E la risposta arrivò col posacenere: "Gradoli...095", in «Corriere della Sera», p.7, in cui si raccoglievano, tra virgolette, le presunte dichiarazioni di un "professore bolognese", ancora per poco, coperto dall'anonimato.
Da: Aldo Moro, Lettere dalla prigionia, a cura di Miguel Gotor, Torino, Einaudi, 2008, pp. XXVIII, 62-65.
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