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domenica 1 agosto 2010

Diceva Pascal: «Burlarsi della filosofia è già fare filosofia»

Da: Umberto Galimberti, Lettere a Umberto Galimberti - Mass media e contraddizioni esistenziali, in "D", 31 luglio 2010, p. 114.


[...] Sappiamo tutti che il pensiero, la riflessione, l'atteggiamento critico non trovano molti seguaci, perché i più hanno disertato quella curiosità infantile che, nell'età dei "perché", formula domande che senza difficoltà possiamo chiamare "scientifiche" o "filosofiche": «Perché se la terra è rotonda e gira, noi non cadiamo?», «Perché le stelle stanno appese in cielo?», «Come fa Dio a esistere se non ha una mamma?».
Nel tentativo di orientarsi nel mondo i bambini, anche senza saperlo, cercano di eliminare le contraddizioni, di trovare nessi di causalità e, non accontendandosi delle risposte fugaci e frettolose degli adulti, insistono. Questo per dire che il pensiero, la riflessione, l'atteggiamento critico non sono prerogative dei filosofi o degli scienziati, ma esigenze di tutti gli uomini che rifiutano di vivere a propria insaputa o in un mondo confezionato da altri.
Accade però che il pensiero comporta una certa fatica, per cui molti si stancano di domandare e preferiscono muoversi in un mondo costruito dalle risposte degli altri. Chiamano queste risposte confezionate "realtà" e "masturbazioni mentali" ogni spunto di riflessione. [...]

martedì 27 luglio 2010

Le ultime (due) lettere di Aldo Moro. Davvero le ultime.

96. Alla moglie Eleonora [1]

Tutto sia calmo. Le sole reazioni polemiche [2] contro la D.C. Luca no al funerale [3].

Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo [4], dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo [5], al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell'incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione. Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l'indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli. Vorrei restasse ben chiara la responsabilità della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. E' sua va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. E' poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall'idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati dalle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare [6]. E questo è tutto per il passato. Per il futuro c'è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in un'unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienmi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto tanto Luca) Anna Mario il piccolo non nato Agnese Giovanni. Sono tanto grato per quello che hanno fatto. Tutto è inutile, quando non si vuole aprire la porta. Il Papa ha fatto pochino: forse ne avrà scrupolo


1 Recapitata il 5 maggio, insieme con la successiva, da don Mennini, ma la data di stesura potrebbe essere antecedente. Non è presente tra i dattiloscritti ritrovati nell'ottobre 1978, né tra le fotocopie dei manoscritti di dodici anni dopo. L'originale è riprodotto negli
Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia. E' lettera autonoma dalla seguente. Lo stesso giorno, qualche ora prima, il comunicato n.9 delle Br annunciava: «Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 marzo eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato». Divulgata il 13 settembre 1978 dal «Corriere della Sera», p.6, ma fu pubblicata per la prima volta integralmente e in modo autonomo dalla successiva, in Aldo Moro, L'intelligenza e gli avvenimenti. Testi 1959-1978, pp. 427-28.
2 Si distingue una
«t» corretta: forse in precedenza aveva scritto «politiche».
3 E' il solito esergo aggiunto posteriormente nello spazio residuo del foglio.
4 Questa espressione non sembra essere giustificata dai toni sicuri delle due versioni della lettera a Zaccagnini e soprattutto del perentorio argomentare delle pagine finali del "Memoriale", che non sono certo il prodotto di un «esilissimo ottimismo».
5 Il prigioniero, rispetto alla lettera successiva, «crede» ancora, cioè non è del tutto sicuro di morire: in 55 giorni sarebbe questa la terza volta in cui vive un simile stato emotivo di imminente minaccia di morte.
6 A proposito di questa raccolta di firme, Guerzoni ha testimoniato in Commissione stragi, il 6 giugno 1995: «L'onorevole Moro chiese la raccolta di cento firme per convocare il Consiglio Nazionale e noi arrivammo a ventinove, a quel punto dissi che non avrei più collaborato per cercare le firme, perché non volevo che l'onorevole Moro rimanesse alla storia come colui che aveva determinato la rottura formale del partito. A mio parere infatti l'onorevole Moro non voleva la rottura del partito; semmai che venissero in evidenza delle contraddizioni. Tanto più ero convinto di questo, perché sapevo che egli non sarebbe mai tornato e che quindi oltretutto avremmo fatto delle operazioni di significato storico che non servivano nemmeno a salvarlo». Secondo la testimonianza di Vittorio Cervone, fra i promotori nel 1968 della corrente democristiana "Gli amici di Aldo Moro", il 9 maggio, alle 13, i principali esponenti del gruppo, erano riuniti a pranzo al ristorante il «Barroccio» e stavano decidendo di chiedere la convocazione del Consiglio nazionale della Dc, quando furono raggiunti dalla tragica notizia del ritrovamento del cadavere dell'uomo politico (Vittorio Cervone, Ho fatto di tutto per salvare Moro, p. 44).


97. Alla moglie Eleonora
¹

Ora, improvvisamente, quando si profilava qualche esile speranza², giunge incomprensibilmente l'ordine di esecuzione. Noretta dolcissima, sono nelle mani di Dio e tue.
Prega per me, ricordami soavemente Carezza i piccoli dolcissimi, tutti. Che Iddio vi aiuti tutti. Un bacio di amore a tutti
Aldo

1 Recapitata il 5 maggio tramite don Mennini, ma la data di stesura potrebbe essere antecedente. L'originale è riprodotto negli Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia. Fu pubblicata per la prima volta in Aldo Moro, L'intelligenza e gli avvenimenti. Testi 1959-1978, p. 427.
2 Anche qui si noti che
«esile speranza» non giustifica la perentorietà dei toni usati da Moro nelle lettere a Zaccagnini e nelle ultime pagine del "Memoriale".


Da: Aldo Moro, Lettere dalla prigionia, a cura di Miguel Gotor, Torino, Einaudi, 2008, pp. 177-179

9 maggio 1978 - via Caetani, Roma (Gianni Giansanti)

lunedì 26 luglio 2010

Per me, è finita.

67. Alla moglie Eleonora¹

Mia dolcissima Noretta,
credo che questa sia proprio l'ultima. Per ragioni misteriose mi sembra preclusa qualsiasi speranza. Non si sa neppure approssimativamente, che cosa accada, in che si concludano le varie inziative delle quali [una] volta [...] si parla. Il Papa non può fare niente neppure dimostrativamente, in questo caso? Perché avevamo tanti amici, a schiere. Non una voce ch'io sappia, si è levata sin qui. Di voi ho ricevuto la sola lettera del "Giorno", che volevo portare sul petto, così per farmi compagnia, all'atto di morire². Ma si è perduta nel pulire la prigione. Per quanto abbia chiesto, non ho saputo altro. Quasi pensavo di aver fatto qualcosa di vergognoso. Ma è il meccanismo, deve essere così. Ed a voi devono avere consigliato (proibito) di fare qualsiasi protesta, che non sarebbe servita a nulla, ma avrebbe dimostrato che io qualche persona cara l'ho ancora. E' stato tutto freddamente determinato ed io sono stato trattato, come se solo mi fossi servito della D.C. Ma non hanno nemmeno un momento esaminato la situazione, per vedere che cosa era opportuno fare, salvare il salvabile, capire. Una spaventosa improvvisazione. Per me, è finita. Penso solo a voi e, se non sono oppresso fino alla follia, vi richiamo, vi rivedo, da grandi e da piccoli, da anziani e da giovani. E tra tutti il dilettissimo Luca con cui passo ancora i momenti disponibili. E poi il dubbio della vostra salute, la ragione del vostro silenzio. Spero che Freato e Rana vi seguano. I nostri dopo 40 giorni si saranno un po' abituati, ma dimenticati, spero, no. Se a Torrita non venite, comincia col tenermi a Roma, o nella chiesa di Torrita. Abbracciameli tutti tutti, uno ad uno, ogni giorno, come avrei fatto. Ricordatemi un po', per favore. Io sono cupo e un po' intontito. Credo non sarà facile imparare a guardare e parlare con Dio e con i propri cari. Ma c'è speranza diversa da questa? Qualche volta penso alle scelte sbagliate, tante; alle scelte che altri non hanno meritato. Poi dico che tutto sarebbe stato eguale, perché è il destino che ci prende. Mentre lasciamo tutto resta l'amore, l'amore grande grande per te e per i nostri, fatto di tanta incredibile e impossibile felicità. Che di tutto resti qualche cosa. Ti abbraccio forte, Noretta mia. Morirei felice, se avessi il segno di una vostra presenza. Sono certo che esiste, ma come sarebbe bello vederla.

Dio ti benedica con tutti
Aldo

¹ Non recapitata. Ritrovata come fotocopia di manoscritto nell'ottobre 1990 (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia). Scritta intorno al 25 aprile come si deduce dal riferimento ai quaranta giorni di prigionia trascorsi.

² Il riferimento dovrebbe essere alla lettera pubblicata ne «Il Giorno» il 7 aprile, perché della lettera scritta il 26 aprile dai familiari sostiene di non sapere ancora nulla. Secondo il giornalista de «L'Espresso» Mario Scialoja questo brano sarebbe un ulteriore segnale dell'esistenza di un canale di ritorno in quanto considera inverosimile che Moro volesse portarsi al petto «all'atto di morire» una semplice pagina di giornale (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia, audizione del 14 marzo 2000).


Da: Aldo Moro, Lettere dalla prigionia, a cura di Miguel Gotor, Torino, Einaudi, 2008, pp. 123-124.

domenica 25 luglio 2010

Ci rivedremo. Ci ritroveremo. Ci riameremo.

34. Alla moglie Eleonora [1]

Mia dolcissima Noretta,
credo di essere giunto all'estremo delle mie possibilità e di essere sul punto, salvo un miracolo, di chiudere questa mia esperienza umana. Gli ultimi tentativi, per i quali mi ero ripromesso di scriverti, sono falliti. Il rincrudimento della repressione, del tutto inutile, ha appesantito la situazione. Non sembra ci sia via d'uscita. Mi resta misterioso, perché è stata scelta questa strada rovinosa, che condanna me e priva di un punto di riferimento e di equilibrio. Già ora si vede che vuol dire non avere persona capace di riflettere. Questo dico, senza polemica, come semplice riflessione storica. Ora vorrei abbracciarti tanto e dirti tutta la dolcezza che provo, pur mescolata di cose amarissime, per avere avuto il dono di una vita con te, così ricca di amore e di intesa profonda. Dio sa quanto avrei sperato di accompagnarvi ancora un poco, di dare custodia ed aiuto all'amatissimo Luca, di aiutare tutti a superare le prove del duro cammino. Ho tentato tutto ed ora sia fatta la volontà di Dio, credo di tornare a voi in un'altra forma. Non mi so immaginare onorato da chi mi ha condannato. Ma fa [2] tu, con spirito cristiano e senso di opportunità. Vi ho affidato a Freato e Rana per ogni necessità ed ho fiducia che Iddio vi aiuti. Tu curati e cerca di essere più tranquilla che puoi. Ci rivedremo. Ci ritroveremo. Ci riameremo. Ho scritto a tutti per Luca, perché siano impegnati per lui. A te debbo dire grazie, infinite grazie, per tutto l'amore che mi hai dato. Amore un po' geloso che mi faceva innervosire, quando ti vedevo «sprofondata» [3] in un libro. Ma amore autentico che resterà. Io pregherò per te e tu per me. Che Iddio aiuti la cara famiglia. In estate, al mare, fatti fare compagnia dalla famiglia Riccioni per te e per il piccolo. Ho lasciato il mio archivio a Luca da vendere tramite il Sen. Spadolini e il Dott. Guerzoni per costituire un piccolo peculio che lo aiuti a mantenersi nella vita. Ho dimenticato di dire, ma tu dillo a Guerzoni che per le foto i familiari e gli esecutori testamentari scelgano quelle che vale la pena di conservare alla famiglia. Nel magnetofono più grande, che è nel mio studio, ci sono già raccolte vocette di Luca trasferite da quello tascabile. Si può mano a mano trasferire e completare. Le bobine sono in camera nostra; film e foto sulla scrivania dello studio. Vorrei, come piccolo ricordo, che il biro della mia vestaglia da giorno andasse a Luca che lo amava «e il portacenere a Giovanni», un altro «pennarello» marrone nel comò a Giovanni, un biro uguale al primo sulla chiffonière ad Agnese, mentre Fida e Anna e tu potreste scegliere in quel mobile quel che volete. Sentite Manzari, vedi di fare testamento [4]. Io ne ho mandati due che spero siano arrivati e rinvierò in copia. Non mancare di fare e far fare la vaccinazione antinfluenzale, se viene la russa. Fatti seguire da Giuseppe [5] anche come amico. Tramite Rana fa controllare la stabilità del tetto sulla nostra stanza «e cura che il gas sia chiuso la sera. (Agnese)». Per la tomba di Torrita [6] «almeno nell'immediato c'è» rischio di sicurezza. Forse converrebbe alloggare altrove, [o su di lì] stesso «o nella chiesa con speciale permesso». Forse, per ora: consigliati con Freato. Chissà quante cose ho dimenticato. State più uniti che potete e tenete unite anche le mie cose con voi, perché sono vostro. Ho pregato molto La Pira. Spero che mi aiuti in altro modo [7].
Ringrazio tutti, tutti i parenti ed amicicon grande affetto. Che Iddio ci aiuti. Ricordati che sei stata la cosa più importante della mia vita. Ricordatemi discretamente a Luca con qualche foto e qualche descrizione, che non si senta del tutto senza nonno. E poi che sia felice e non faccia i miei errori generosi ed ingenui.
Ti abbraccio forte forte e ti benedico dal profondo del cuore. A nonna un bacio, nella forma che troverai.
Aldo

¹ Non recapitata. Lettera ritovata solo nell'ottobre 1990 come fotocopia di manoscritto (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e sul terrorismo in Italia).

² Manca l'apostrofo nella fotocopia del manoscritto.
³ La parola sostituisce un poco comprensibile «spaventato» cancellato.
4 Giuseppe Manzari, amico di Moro dai tempi dell'università e suo consigliere giuridico, ne era stato il capo di gabinetto quando era ministro dell'Istruzione dal 1957 al 1959 e alla presidenza del consiglio dal 1963 al 1968 e dal 1974 al 1976. Allora era presidente della Sezione del Consiglio di Stato e capo del contenzioso diplomatico presso il ministero degli Esteri. Il 21 Gennaio 1977, Moro gli aveva inviato le bozze del testamento suo e della moglie per avere un consiglio da lui (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi).
5 Il riferimento dovrebbe essere ancora a Giuseppe Manzari poiché il raddoppio delle «p» è sufficientemente chiaro. [...]
6 Segue una parola cancellata.
7 Giorgio La Pira, terziario domenicano, professore di Diritto romano, fu uno dei padri costituenti lavorando nella Commissione dei 75 vicino al cosiddetto gruppo dei "professorini" Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, Giuseppe Lazzati e il più giovane Moro. Sindaco molto amato di Firenze per due mandati dal 1951 al 1957 e dal 1961 al 1965, morì nel 1977 in fama di santità e in suo onore è stata aperta una causa di canonizzazione. Il primo a drizzare le antenne su questo passo, sconosciuto fino all'ottobre 1990, è stato Sofri, L'ombra di Moro, p.41, notando che proprio il nome di La Pira era stato invocato, insieme con quello di don Luigi Sturzo, in occasione di una seduta spiritca, che si tenne il 2 Aprile 1978 in un casolare a Zappolino, nei pressi di Bologna. Come è noto, nella circostanza si erano riuniti per passare il giorno di festa insieme con le loro famiglie, un gruppo di docenti universitari, fra cui Alberto Clò, Mario Baldassarri e Romano Prodi. Nel corso della seduta, avvenuta colo cosiddetto metodo del piattino, emersero in rapida successione le indicazioni di "Gradoli, Bolsena, Viterbo" come luogo di prigionia di Moro. Il 6 aprile la polizia si recò in "accurato perlustramento" nell'omonimo paese del viterbese perché Prodi ritenne opportuno informare del fatto il portavoce di Zaccagnini che, a sua volta, contattò Luigi Zanda Loy, il capo ufficio stampa di Cossiga (Atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi). Quando, il 18 Aprile 1978, venne scoperto il covo di via Gradoli a Roma, ove si recava a dormire Moretti nel corso del sequestro, sorsero illazioni, sospetti e curiosità di ogni tipo e perciò l'episodio della seduta spiritica fu gradualmente portato a conoscenza del grande pubblico trasformandosi in un vero e proprio luogo comune del caso Moro e delle sue misteriologie. Non subito, però, perché Prodi, nominato il 28 novembre 1978 ministro dell'Industria, venne interrogato dalla magistratura per la prima volta il 22 dicembre 1978, insieme con Clò. Lo studioso della Rivoluzione francese Georges Lefebvre ha insegnato agli storici ad essere sensibili all'origine delle notizie, al modo con cui iniziano a circolare e si alimentano col trascorrere del tempo. Si segnala, dunque, che il calcio d'inizio pubblico di quest'annosa partita - passata nel corso di oltre vent'anni al vaglio della magistratura e di ben due commissioni di inchiesta parlamentare - dovrebbe essere un articolo del 17 ottobre 1978 di Roberto Martinelli e Antonio Padellaro, "Dov'è il leader dc?", chiesero allo spirito di La Pira. E la risposta arrivò col posacenere: "Gradoli...095", in «Corriere della Sera», p.7, in cui si raccoglievano, tra virgolette, le presunte dichiarazioni di un "professore bolognese", ancora per poco, coperto dall'anonimato.


Criteri di trascrizione

I documenti pubblicati in questa sede sono pervenuti in originale manoscritto (nel periodo 16 marzo - 9 Maggio 1978), in copia dattiloscritta (ritrovati, a Milano, in via Monte Nevoso, il Iº ottobre 1978) e in fotocopia di manoscritto (rinvenuti a Milano, in via Monte Nevoso, il 9 Ottobre 1990). [...] Ho effettuato i seguenti interventi:

- tra parentesi quadre [ ] ho inserito le opportune integrazioni di lettere o parole omesse per evidenti sviste dello scrivente, dei fotocopiatori o nel caso di congetture ritenute altamente probabili;
[...]
- tra parentesi uncinate ho posto le parole scritte fra le righe o aggiunte dall'autore posteriormente fra due vocaboli [per problemi di linguaggio html, al posto delle parentesi uncinate ho utilizzato le virgolette «»];
[...]



Da: Aldo Moro, Lettere dalla prigionia, a cura di Miguel Gotor, Torino, Einaudi, 2008, pp. XXVIII, 62-65.

sabato 24 luglio 2010

... Passare la propria giornata a crescere le proprie forze, il proprio valore, la propria anima e cultura, per farle servire a qualcosa.

A Fernanda Pivano, Mondovì Breo.


[Roma,] venerdì [4 giugno 1943]

Cara Fern,

non è vero che sono parole esistenzialiste. Io dell'esistenz. me ne infischio. Sono parole dell'esperienza - che conta molto di più. E del resto Lei non ci ha capito niente. Se la cava dicendo «Per gli altri cosa?» e poi passa e insiste a blaterare di sé e delle Sue disgrazie e che L'hanno amata troppo e che è ingrata e che è leggera e punita e rotolerà dai tetti ecc. Questa in inglese si chiama maudlin self-pity, piangolosa compassione di sè, ed è un male che conosco bene per essere stato la mia tentazione continua per più di trent'anni. Dice di averne ventisei e si comporta come un bambino di dieci. Io andavo sempre sull'aia, vicino al letame, e mi sporcavo le gambe, e dicevo «Ecco tutti mi scacciano, io sono solo, sono nel letame, puzzo, mi piangono gli occhi, io sono un disgraziato, io sono stupido ecc.» Non Le manca che di avvoltolarsi nel letame e poi sarà completa. Ebbene, provi il letame, a Mondovì non ne mancherà: si spogli nuda e ci si rotoli dentro. Capisce il simbolo? Ma si ricordi una cosa: io, nel più forte del mio masochismo, dicevo «Ma verrà un giorno che li mangerò tutti, che sarò un grand'uomo, che farò qui, che farò là ecc.» Tra una cosa e l'altra ci si può salvare. Avrà il diritto di lamentarsi quando avrà fatto qualcosa, sinora no perché non ha provato. E se le consigliavo di donarsi e non di chiedere, è perché la miglior prova che valiamo qualcosa sta nell'aver fatto qualcosa per gli altri, proprio quegli altri che Lei ignora per matta bestialità. Si capisce che, così a occhio e croce, gli altri non esistono nemmeno; ma bisogna donarsi appunto perché questo è l'unico modo per farli esistere, e allora non si è più soli, allora si vale quel tanto appunto che si è donato. Donarsi come?
Donarsi vuol dire rispettare sé stessi, anzitutto, cioè passare la propria giornata a crescere le proprie forze, il proprio valore, la propria anima e cultura, per farle servire a qualcosa. Donarsi vuol dire non avere tempo di guardare al passato e quindi non compiangersi. Mi fa ridere coi suoi 26 anni. Si può cominciare a 40. Lei pensa all'età unicamente perché è ancora prigioniera della Sua vecchia forma mentis che giudica le ragazze dal loro rendimento sessuale e quindi ritiene che il più bello sia passato a 26 anni. Storie.
Del resto, anche con questa storia, la faccia finita. Si faccia violare dal primo atleta che Le capita e poi vedrà le cose con gli occhi più chiari. È un consiglio disinteressato che Le do. E a proposito di gambe non dica nemmeno per scherzo che se le romperebbe, perché quando si hanno belle come le sue è un delitto.
Non Le scrivo che cosa faccio né chi vedo perché tanto Lei non si interessa degli altri.
Brontolo!

venerdì 23 luglio 2010

E questo è tutto.

A Fernanda Pivano, Mondovì Breo.



[Roma,] domenica 30 [maggio 1943]

Cara Fern,

la Sua lettera mi ha molto commosso e se potessi prenderei subito il treno per provarLe che non è vero che la circondi il gelo e l'ostilità. Ma non capisco perché si trovi tanto male proprio adesso che sa che sa di poter lavorare nove ore al giorno e quindi pressoché mantenersi. Non ha sempre aspirato all'indipendenza? A meno che Le succeda come a tutti: una volta ottenutala, non sa più che farne. Si ritorna cioè a quanto Le ho sempre consigliato: si faccia una vita interiore - di studio, di affetti, d'interessi umani che non siano soltanto di «arrivare», ma di «essere» - e vedrà che la vita avrà un significato. Io non ho potuto muovermi anche perché abbiamo avuto i questurini in casa per parecchio tempo - una nostra impiegata è stata arrestata¹ - e s'immagini le grane.
Cara Fern, la solitudine che Lei sente, si cura in un solo modo, andando verso la gente e «donando» invece di «ricevere». (È la solita sacrosanta predica). Non che io aneli di essere quello a cui Lei dovrebbe donare - tanto più che i doni che Lei potrebbe farmi non sarebbero ancora la soluzione ma aumenterebbero il pasticcio. Si tratta di un problema morale prima che sociale e Lei deve imparare a lavorare, a esistere, non solo per sé ma anche per qualche altro, per gli altri.
Fin che uno dice «sono solo», sono «estraneo e sconosciuto», «sento il gelo», starà sempre peggio. E' solo chi vuole esserlo, se ne ricordi bene. Per vivere una vita piena e ricca bisogna andare verso gli altri, bisogna umiliarsi e servire. E questo è tutto.
La nostra posizione qui è molto precaria. Il padrone ogni tanto fa progetti per riportare la baracca in Piemonte - che non mi dispiacerebbe. Ma intanto - tira e molla - non faccio più niente e non ho più pace. La smetta con quella stupida storia dell'assegno. Pensi piuttosto a tradurre l' Addio, e con l'assegno si comperi un monopattino.
Coraggio e arrivederci.
Pavese


¹ Tra i numerosi arresti per attività antifascista del maggio 1943 a Roma, vi era stato anche quello di Lola Berardelli (futura moglie di Felice Balbo), arrestata negli uffici della casa editrice in via Claudio Monteverdi.


Da: Cesare Pavese, Lettere 1926-1950, vol. 2, a cura di Lorenzo Mondo e Italo Calvino, Torino, Einaudi, 1966, pp. 458-459.

domenica 12 aprile 2009

T.S. Eliot - Orwell e la Fattoria degli Animali

Nel 1944 T.S.Eliot, poi Premio Nobel 1948, in qualità di co-direttore della prestigiosa casa editrice Faber&Faber, spedì una lettera di rifiuto a George Orwell per il romanzo "La fattoria degli Animali". Esso fu poi pubblicato nel 1945 da un altro editore londinese, Secker&Warburg.
La lettera è uscita sul "Times" nel 1969 (Eliot è morto nel 1965 e Orwell nel 1950) nella sezione Lettere all'Editore spedita dalla seconda e ultima moglie di Eliot, Valerie, ed è rispuntata fuori recentemente per un documentario che la BBC sta preparando per quest'estate.

Mi sono cimentato io stesso nella traduzione, quindi potete contestare apertamente la mia versione e mettere in dubbio le mie scelte, per esempio voi come avreste tradotto "public-spirited" che io ho reso con "dotato di senso civico" o come avreste reso invece "the narrative keeps one's interest on its own plane" (la narrazione di per sè mantiene vivo l'interesse)?



"Caro Orwell,
so che lei avrebbe voluto una rapida decisione riguardo a "La Fattoria degli Animali"; ma sono necessarie le opinioni di almeno due direttori e ciò non può essere fatto in meno di una settimana.
Per una decisione più rapida avrei dovuto chiedere anche al presidente di dargli un'occhiata. Ma l'altro direttore è d'accordo con me sui punti principali. Concordiamo che sia un notevole scritto, che la favola è trattata con grande abilità e che la narrazione di per sè mantiene vivo l'interesse e questo è qualcosa che pochi autori sono riusciti a raggiungere da Gulliver in poi. Tuttavia, non siamo convinti (e sono sicuro che nessuno degli altri direttori lo sarebbe) che questo sia il giusto punto di vista da cui criticare la situazione politica in questo momento. E' certamente un dovere di ogni casa editrice che ambisca ad altri interessi e motivi che il puro successo commerciale, di pubblicare libri che vadano controcorrente: ma in ogni caso in cui ciò sia richiesto, almeno un membro dell'azienda dovrebbe avere la convinzione che questa sia la cosa che vada detta al momento. Non vedo alcun motivo di prudenza o cautela che impedisca a chiunque di pubblicare questo libro - se crede in ciò che rappresenta. Perciò credo che la mia insoddisfazione con questo apologo derivi dal fatto che esso abbia solamente un effetto di negazione. Dovrebbe suscitare una qualche condivisione con ciò che l'autore vuole e inoltre condivisione con le sue obiezioni: e l'evidente punto di vista, che nel complesso reputo Trotskysta, non è convincente. Credo che lei abbia diviso il suo consenso, senza prendere nessuna forte posizione per nessuna delle due parti - cioè tra quelli che criticano le tendenze della Russia dal punto di vista di un comunismo puro e quelli che da un punto di vista molto diverso sono allarmati per il futuro delle piccole nazioni. E dopotutto, i suoi maiali sono tanto più intelligenti degli altri animali, e perciò sono i più qualificati per gestire la fattoria - in realtà non ci sarebbe potuta essere nessuna Fattoria degli Animali senza di loro: quindi ciò che ci voleva (qualcuno potrebbe argomentare) non era più comunismo ma dei maiali dotati di più senso civico. Sono molto dispiaciuto, perchè chiunque pubblichi questo, avrà naturalmente l'opportunità di pubblicare i suoi lavori futuri: e ho molta considerazione per i suoi lavori, perchè lei è un esempio di scrittura di fondamentale integrità"

Postille:
  1. Nel 1944 la Gran Bretagna era schierata con l'Urss stalinista contro le potenze dell'Asse, e da qui i riferimenti di Eliot alla situazione politica corrente e al momento non opportuno per sollevare una critica al comunismo staliniano.
  2. Orwell non era comunista, ma aveva bensì idee socialdemocratiche.
  3. E' interessante notare la posizione aristocratica (dal greco aristokratia "governo dei migliori") di Eliot riguardo ai maiali, che in quanto più intelligenti degli altri animali hanno il diritto di governare. Eliot era notoriamente su posizioni politiche conservatrici.

martedì 2 dicembre 2008

Una manica di segaioli incarogniti.



































































Caro Gorgolini,
una reclame al signor Gobbetti e al suo sciocchezzaio antifascista, non mi sento di farla sul Popolo d'Italia.
Vi rimando il vivace e appuntito trafiletto che potete pubblicare sul Maglio, dato e non concesso che sia il caso di prendere sul serio quella manica di segaioli incarogniti.
Saluti amichevoli
Mussolini





Questa è una lettera inedita di Mussolini,in quel momento direttore del "Popolo d'Italia", a Pietro Gorgolini, fondatore del "Maglio"(un nome un programma) organo della sezione torinese del PNF, datata fine 1921 - inizio 1922.
Alla fine del 1921 i socialisti avevano lanciato una campagna antifascista a cui partecipava anche Piero Gobetti (1901-26) che Mussolini chiama, con disprezzo, Gobbetti.
Gobetti morì poi a Parigi nel 1926, in seguito alle gravi ferite subite in un'aggressione squadrista a Torino nel 1925.


La lettera sarà battuta all'asta il 10 dicembre a Torino valutazione 2800 euro(in caso vi interessi l'acquisto).