Da Anacreonte apprendiamo che le rose nacquero bianche, dalla schiuma del mare che generò Afrodite. Fu la stessa dea che pungendosi con le spine di un rosaio mentre correva in tutta fretta dall’amato Adone, ferito da un cinghiale, tinse, col suo sangue, i fiori di rosso.
In realtà il cinghiale non era un cinghiale, ma era Marte travestito da cinghiale, ovvero l’ex-amante, divinamente geloso fino al midollo della dea.
Ad ogni modo, Adone spirò tra le braccia di Afrodite, e dal suo sangue colato a terra nacquero gli anemoni.
Dato però che il nostro blog non si chiama “E così dimenticammo gli anemoni”, non mi curerò di Adone e del setoloso rivale per passare invece alle rose.
Sangue sudore e lacrime – secrezioni simboliche.
La storia del sangue afrodisiaco colpisce a fondo immaginazione ed olfatto, ed è quasi persuasiva nello spiegare la pienezza dell’essenza pungente e primitiva che sprigiona dal fiore.
Ma perché proprio il sangue?
Ciò probabilmente ha a che fare col valore simbolico che il liquido normalmente assume, il quale si riverbera sulla portata di ogni sua libagione (a parte quella gustosa rappresentata dal migliaccio) per trasmettersi poi alle rose.
Poiché il sangue normalmente non scorre a fiumi - o meglio lo fa di continuo ma nascosto, invisibile – quando viene versato esso si carica di un significato forte, intimo, vitale e spesso sofferente.
Anche Dante se la fa quasi addosso quando vede uscire il bruno e denso liquido da un cespuglio che parla (Pier della Vigna): “sì de la scheggia rotta usciva insieme\ parole e sangue; ond’io lasciai la cimar\ cadere, e stetti come l’uom che teme”.
La stessa cosa pare accadere per un altro fluido, le lacrime (gli esempi si sprecano e non li riporto).
E’ forse per questo che sangue e lacrime sono spesso associati in un unico drammatico concetto (vedi le numerose strazianti statuine di madonne piangenti)?
Winston Churchill lo capì, e quando si trattò di affrontare davanti e con la nazione inglese il peso della seconda guerra mondiale, aggiunse addirittura un altro distillato al cocktail delle secrezioni simboliche, il sudore:
“Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi la più terribile delle ordalìe. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e sofferenza.”
Ma questo cosa c’entra con le rose?
Maometto
Se da una parte Gesù sudò sangue nell’orto dei Getsemani senza a quanto pare lasciar cadere a terra alcuna goccia né tantomeno produrre alcuna fioritura, dall’altra invece la leggenda maomettana fa nascere la rosa proprio dal sudore del profeta.
Nell'odorare una rosa, mischiata alla sua fragranza, c'è nuovamente associata una qualche libagione di liquidi corporei (sia esso il sangue di afrodite o le scelle di maometto), a spiegarcene l'origine e a fondersi nell' unica sensazione del suo profumo in maniera indissolubile e simbolica. E non vale solo per le rose.
Giacinto
Un altro esempio interessante è quello di Giacinto. Le Metamorfosi di Ovidio ci raccontano che Giacinto era l’amante di Apollo, il quale si era talmente innamorato del giovane che, dimentico di sé,
“gli è sempre appresso,
e danno intrambidui nel nobil sito
di Sparta a gli animai la caccia spesso:
del suo bel lume il mio padre invaghito
si scorda totalmente di se stesso".
(Giovanni Andrea dell’Anguillara, Le Metamorfosi di Ovidio, Venezia 1563 (I ed. 1561), X, ff. 177-178)
Un giorno i due ingaggiano una gara di lancio del disco quando purtroppo, come ci informa Euripide
"veleggiò nell'aria e nel sangue
il disco del dio"
(Euripide, Elena)
Colpendo e ferendo a morte il venusto giovane.
Il qual fu ’l più bel fior morendo, langue,
dipinto il suo cor di morte, e sangue.
(Anguillara, ibid.)
In realtà, di nuovo, il disco era stato deviato dal vento di Zefiro, dio geloso di Apollo (ancora una volta siamo di fronte ad una storia di gelosia).
Dal sangue di Giacinto nacque l’omonimo fiore purpureo.
E’ interessante notare come il sangue di un dio produca così sovente la nascita di fiori...
Come si spiega?
(Pieter Paul Rubens, La morte di Giacinto)
Silesius
Si spiega col fatto che altrimenti non c’è spiegazione per la nascita di una rosa.
Una rosa nasce, e il fatto che essa nasca è un miracolo, nonostante vi appelliate a tutte le leggi della biologia che conoscete.
Questo almeno è ciò che ci dice Heiddeger, rifacendosi al "meraviglioso distico" del mistico Johannes Silesius, alias Johannes Scheffler (poi ripreso da Paul Celan), in cui quest'ultimo si chiede proprio: “Perché fiorisce una rosa?”
( René Magritte, "Le tombeau des lutteurs")
Die Ros ist ohn warum; sie blühet, weil sie blühet,
Sie acht nicht ihrer selbst, fragt nicht, ob man sie siehet.
"La rosa è senza perché; fiorisce poiché fiorisce,
non chiede conto di se stessa, non chiede se viene vista"
Non c’è spiegazione al fatto che una rosa nasca se non la nascita della rosa stessa. La botanica vi può spiegare come nasce una rosa, la succesione seme-fiore, quali leggi governino il suo dischiudersi, ma alla fine non il minuscolo ma gigante perché di quello sbocciare.
Per capire meglio un tale argomento, la domanda sulla rosa va assimilata ad una altra vecchia questione, la cosiddetta “domanda fondamentale” (Grundfrage) heiddegeriana, che il filosofo aveva ripreso da Leibniz:
Perché c’è qualcosa invece che niente? Perché il qualcosa invece del nulla?
Per riassumere il tutto basta l'unica breve interrogazione metafisica, chiaramente universale e assoluta come tutte le interrogazioni metafisiche: "Perché?".
“Aspettate la risposta al “perché?” ? Questa piccola parolina “perché” è sparsa in tutto l’universo dal primo giorno della creazione, signora, e tutta la natura grida continuamente al suo Creatore “perché?”, e sono settemila anni che non riceve risposta “
Scoprite il perché del fiore e avrete trovato il senso delle cose. Quali? Tutte.
Per gli storici
Nella mitologia romana la mitica della rosa si mantiene uguale a quella greca. Il fiore entra tuttavia a far parte di innumerevoli pratiche sociali: 1) nell’epoca imperiale lo schiavo affrancato veniva coperto di rose per sottolineare il passaggio alla nuova vita di uomo libero; 2) a Roma si svolgevano poi apposite feste solenni chiamate Rosali, durante le quali le tombe degli antenati e gli altari dei templi venivano decorati di rose. (Deriverà da qui il nome Rosalia, letteralmente “corona di rose”?) 3) Finché la rosa divenne una vera mania: Orazio (Odi) testimonia come era usanza cingersi di rose la testa, il collo e il petto durante i banchetti e coprire di rose i letti sui quali si facevano i conviti. Di rose venivano cinte le statue, e durante i giochi pubblici tutte le vie di Roma erano coperte di petali.
Non è difficile dunque immaginarsi il perché del rifiuto della rosa da parte dei primi cristiani. Essi videro nel fiore proprio il simbolo del paganesimo e della lussuria, e conseguentemente la condannarono e ne vietarono l’uso, salvo poi, come per la festa pagana del Sol Invictus [che cadeva il 25 dicembre ed era stata importata nel 218 a Roma dalla Siria dall’imperatore Eliogabalo] appropriarsene, volgendola a proprio uso (= Natale).
La madonna venne chiamata “rosa mystica” e Leone IX, papa dal 1084, istituì la cerimonia della rosa d’oro, data in dono, come segno di benevolenza, a un sovrano meritevole.
(Il particolare della rosa mystica può forse essere una chiave di lettura per il quadro di Dalì "Rosa meditativa" del 1958?)
Nel medioevo furono comunque i monasteri a dare rifugio alle rose, mistiche e non, conservando, come con gli incunaboli, varietà che altrimenti sarebbero andate perdute.
Si pensi poi all’introduzione dei “Rosario” nel periodo della Controriforma (e del “Rosolio”, sul quale non riesco a trovare la data della prima distillazione, ma sicuramente deriverà da sudore di qualche santo.)
Poi c’è la curiosa storia di Santa Rosalia, il cui nome abbiamo visto significare “corona di rose” e che, secondo la tradizione cattolica, nel 1624 salvò Palermo dalla peste e ne divenne la patrona, sbaragliando, caso interessante, una ricca concorrenza; furono spodestate: santa Cristina, santa Oliva, santa Ninfa e sant'Agata.
Oggi sono decine di migliaia le varietà di rose note e ogni anno se ne aggiungono di nuove, nate da studiate ibridazioni, a quelle che gli storici definiscono "antiche" (quelle cioè create dal Rinascimento all’età Romantica, 1500-1800).
Nell’odorare una rosa la storia del sangue afrodisiaco si può dunque mischiare d’ora in poi al suo profumo, e il tutto convogliare mistificandolo nel titolo del nostro blog.
Io penso comunque a un rituale da Tiaso, in cui invece di alzare il pane e dire “il corpo di cristo” si alza una rosa dicendo: “il sangue di Afrodite”, e poi la si odora, e se ne gode il profumo.
Propongo pertanto per il prossimo incontro del gruppo di riempire il vaso di petali (o di sangue, a vostra scelta).
1 commento:
Mi sembra pertinente citare un intervento precedente di Kobayashi che citava a sua volta un brano da "Il tropico del Cancro" di Henry Miller:
"...la cosa mostruosa non è che gli uomini han tratto rose da questo mucchio di sterco, ma è invece che essi per una qualche ragione, debbano volere le rose. Per una qualche ragione l'uomo cerca il miracolo, e per ottenere questo egli è pronto a guadare un fiume di sangue. Si corromperà con le idee, si ridurrà un'ombra, purché per un secondo soltanto della sua vita possa chiudere gli occhi all'orrore della realtà. Ogni cosa si sopporta: sfacelo, umiliazione, miseria, guerra, delitto, ennui(noia) nella fiducia che dalla sera alla mattina accada qualcosa, un miracolo, che ci renda sopportabile la vita."
Quindi: rose,sangue e perchè.
Posta un commento