sabato 31 gennaio 2009
Delle idee rosse che sono verdi dormono furiosamente (Paolo e Francesca, II puntata)
Dalla puntata precedente :
Paolo: “Scusa, sai dov’è Piazza Duomo?”
Francesca: “Certo che lo so”
(Pausa)
Paolo (fissa attentamente Francesca): “Ho già visto la tua faccia da qualche parte”
Francesca: “Non credo, perché la porto sempre con me”.
[...]
Leopold Fechtner (passando per strada):“Io posso sollevare un elefante con una mano sola. Ma dove lo trovo un elefante con una mano sola?”
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Dunque, la conversazione solleva qualche interrogativo sulla effettiva comprensione tra Paolo e Francesca, lasciandoci perplessi anche riguardo a quella che i due possano aver avuto del famoso libro “galeotto”, per non parlare poi di chi lo scrisse.
Comunque Francesca, bisogna ammetterlo, in qualche modo capisce ciò che Paolo sta dicendo, nel senso che è in grado di attribuire significato alle sequenze di movimenti vibratòri, ritmici e concordi che colpiscono il suo orecchio, più comunemente detti suoni, verosimilmente provenienti dal cavo orale del giovane in questione .
(Dico “verosimilmente” perché in effetti si è soliti ricondurre la voce di qualcuno alle di lui corde vocali, ed è prassi comune considerare le parole che questi proferisce come “sue”. In realtà quello che esperiamo è però un susseguirsi nel tempo di due eventi 1 - qualcuno apre la bocca (video) 2 - un rumore ci giunge alle orecchie (audio). E chi ci dice che le due cose siano in dipendenza diretta l’una dall’altra? E se invece ci trovassimo di fronte ad un muto, e la voce che sentiamo avesse altra provenienza? Se fosse Dio o un doppiatore invisibile? In effetti potrebbe essere che video e audio della nostra esperienza del mondo siano due tracce completamente separate, ma noi, automaticamente, al movimento labiale, associamo sempre il suono. Lo facciamo anche quando guardiamo un film, eppure sappiamo bene che non è così. Nessuno di voi pensa la voce che sente staccata dal movimento delle labbra del personaggio che vede, pronunciata da un uomo con delle cuffiette davanti ad un copione(). Appiccicate subito le due cose, audio e video. Così anche quando parlate con una persona qualsiasi, ogni giorno. Pensate però che le due cose potrebbero non essere collegate: l’uomo con le cuffiette è sempre in agguato.)
Nonostante i dubbi in merito, ammettiamo tuttavia che sia Paolo a parlare.
Dicevamo che qui non si tratta della situazione in cui non si riesce ad associare un suono ad un significato, come quando parliamo con uno straniero di cui non conosciamo l’idioma [1], o col nostro cane, gatto, pesciolino rosso (il pappagallo è un’altra questione).
Questo sembra essere il caso, ad esempio, del dialogo tra mia nonna (davanti alla televisione) e il Papa (dentro la televisione), quando questi – o il suo doppiatore, o dio, che in effetti parla per bocca del papa, e quindi può essere considerato a tutti gli effetti il suo doppiatore – dà la benedizione in latino, e lei non capisce niente:
- Papa: “xb’sufve.ncbemus soUdh*r\itus”
- Nonna: “Amen”
Lo scambio di battute tra i due - anche se per la vecchietta in ginocchio ha un grosso significato emotivo - da un punto di vista semantico, credo sia pressoché nullo.
(Amen deriva dall’ebraico אמן (’Āmēn) e significa qualcosa come “in verità”, “certamente”. E’ usato come particella affermativa, proprio come il nostro sì, dal latino sìc = “è così”, “è vero”. Dunque forse qualcosa c’è, se mia nonna afferma che: “è così”. Ma di cosa si tratti, è difficile a dirsi.)
Per Francesca invece i suoni hanno un senso – sono cioè parole. Ma in che modo lo acquisiscono o lo hanno acquisito?
Ci vediamo costretti - tutto, come al solito “per esempio” - a scavare nel passato della giovane, e ad ipotizzare che la pulzella, prima di mettersi a leggere “un giorno per diletto, di Lancillotto e di come amor lo strinse,” allietasse le sue giornate anche con altri passatempi. Nella fattispecie, giochi da tavolo.
Il primo sarebbe SCARABEO, poiché ella mostra di conoscere un certo numero di combinazioni di lettere dotate di significato - le parole - che, assieme alla tecnica del combinare, padroneggia, e che dunque è in grado di inserire nella griglia di scrabble. Queste sequenze di suoni (in realtà in scrubble di segni, ma non facciamo qui differenza) che vogliono dire qualcosa, tra cui – o forse solo – “Piazza Duomo” “sapere” “essere” e “dove”, sono il suo vocabolario.
Ma non solo; sembra che, se lo inventassero, Francesca saprebbe giocare anche ad un altro gioco, il gioco LEGO + SCARABEO. Sa infatti usare i mattoncini significanti delle parole per fare costruzioni dotate di senso (“sai dov’è piazza Duomo?”); sa dunque montare, le parole, in delle belle frasi (corrette). Quest’ultima abilità però, a ben vedere, potrebbe essere diversa: non si tratterebbe di un impresa edile, né di innalzare costruzioni o palazzi di parole. Francesca andrebbe in orizzontale, conoscendo la regola per cui a una certa parola debba seguirne un'altra... dunque, saprebbe giocare a DOMINO. Fa cioè un lastricato di parole… su cui però Paolo continua a scivolare:
Nuova puntata:
Paolo: (a Francesca, su una panchina e con ai piedi un grosso cane): "Il suo cane morde?"
Francesca: "No".
Paolo (accarezza il cane e il cane lo morde): "Ma aveva detto che non mordeva!"
Francesca: "Ma questo non è mica il mio cane".
FINE
Annotazioni:
1) l'immagine dal canto V è di Gustav Doré, incisore, disegnatore e litografo, nonché l' "illustratore" per antonomasia. Tra i sui Meisterwerke d'illustrazione: la Bibbia, la Divina Commedia, il Don Chisciotte, l' Orlando Furioso, le Favole di Fontaine etc. etc. (Ho inserito l'archivio completo su Boxstr)
2) L'uomo tra parentesi è Ferruccio Amendola, il "doppiatore" per antonomasia. Ha prestato la sua voce a molti attori celebri, tra cui si segnalano Al Pacino, Sylvester Stallone, Dustin Hoffman, Robert De Niro, Christopher Lloyd e Tomas Milian, nonché di Bill Cosby nella serie TV I Robinson. E' sua anche la voce del cane Tequila, protagonista di una nota serie televisiva.
Sposato con la doppiatrice Rita Savagnone e nonno della doppiatrice Alessia Amendola, è il padre dell'attore Claudio (Amendola).
3) La frase del titolo ("colorless green ideas sleep furiously ") è un esempio con cui Chomsky, padre della linguistica generativa - secondo cui le regole sintattiche per montare le parole le conosciamo tutti, perché sono innate e si ripetono in tutte le lingue - pone l'accento proprio sulla struttura sintattica di una frase (lego). Si tratta delle regole formali da seguire nella costruzione di una frase (soggetto-verbo-predicato), che nel caso sono rispettate. L'accostamento di parole con significati incompatibili però non dà luogo ad una corrispondente correttezza semantica; tuttavia non è un difetto di struttura.
Es.
"Le frasi (1) e (2) sono entrambe dei nonsensi, ma qualunque parlante inglese riconoscerà che solo la prima è grammaticale:
(1) colorless green ideas sleep furiously
(2) furiously sleep ideas green colorless"
Noam Chomsky, Le strutture della sintassi )
Note:
[1] o col suo doppiatore.
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1 commento:
mi permetto un commento, scusi l'intrusione chiunque si chieda chi sono.
la sensazione che si ha nel leggere è che tu adori trovare tunnel senza fine. e la semantica è il più adorabile di questi tunnel. i tuoi stessi esempi indicano dove sia l'errore.
è la semantica stessa l'errore, per questo non ha soluzione.
solo alcuni possono davvero porsi questioni semantiche, chi usa linguaggi formali prima di tutti. logici, programmatori, venditori di divani con i loro bei campioni di colori, o commessi alle prese con codici a barre. se per esempio devi attaccare un quadro, mettere una lampadina, o anche (non vorrei sminuirti) costruire una turbina, avrai bisogno di attrezzi e non potrai far altro che chiamarli con un nome, un suono cui la propria comunità è abituata a rispondere passandoti quell'oggetto.
ma questi casi, in cui ad un nome si deve necessariamente connettere un oggetto, sono solo alcuni dei molti modi di usare le parole.
i tuoi esempi sono giochi semantici molto divertenti, ma perchè lo sono ? perchè del tutto surreali. non risponderesti mai così se non per far ridere. quelle domande hanno il loro senso pienamente, è solo il tuo gusto (che condivido assolutamente) per l'ambiguità semantica a renderle dubbie.
prova con problemi come:
1- pigia il 2
2- attento!
e ora 3- mordi e fuggi
a cosa devi guardare, a l'essenza, alle proprietà, al significato o a qualcosa d'altro ?
è forse nel Mordere e nel Fuggire che trova il suo senso questo detto?
ps: sai quale è la questione secondo me, che la cultura, in quanto scritta, in quanto lenta, in quanto ben più vicina alla riflessione o alla contemplazione che all'azione, non può che adorare l'essenzialismo. trovare come le cose davvero sono, definirle, limitarle. così il senso delle parole, diventa uno strascico, come il velo delle spose. e proprio come le spose, più queste sono ricche più vogliono darsi arie e avere lo strascico lungo. così certe parole scompaiono dall'uso,e le si ritrovano come fondamentali, imperdibili, necessarie, essenziali, nei libri dei dotti, o nelle aule delle università (specialmente di filosofia). dove si sente dire, "il vero significato di quella parola non è certo quello che usano i plebei della cultura, ma quello che ecc, ecc, ecc..." e intanto il mondo va avanti e se ne frega se "affatto" ha ribaltato il suo senso (è quello l'esempio che mi veniva in mente), e il vero significato delle parole se lo porta con se.
o meglio, non essendoci proprio nessun significato vero, se non l'uso che funziona, il senso delle parole si scompone, tra strada e carta. ed è solo la presunzione di una parte e il disinteresse dell'altra, che decide del "vero".
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